Tra la spanna abbondante di libri che ho letto quest'estate mi ha particolarmente interessato un libricino alto appena più di un centimetro ma denso di spunti di riflessione acuti. Si tratta di "La Resistenza spiegata a mia figlia" di Alberto Cavaglion (editore L'ancora del Mediterraneo), che - da quanto leggo sulla copertina - della Resistenza è studioso piemontese attento e documentato. Mi ha colpito, tra l'altro, la parte che segue.
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Se non è stata una Rivoluzione, che cosa è stata allora la Resistenza? (...)
Proprio una delle prime vittime della violenza squadrista, Piero Gobetti, aveva preferito parlare del fascismo come di una rivelazione degli antichi mali d'Italia, non di una rivoluzione. Di fronte alla nascita del regime, aveva dato una definizione lapidaria e, nonostante gli anni, intramontabile: il fascismo sarebbe una sorta di riassunto dei nostri difetti, il "rivelarsi" di carenze costituzionali tristemente note, l'autobiografia di una nazione: una diffusa disabitudine alla lotta politica, indifferenza per i valori che improntano le istituzioni, scarsa disponibilità ad assumersi responsabilità di liberi cittadini, un'inclinazione alla retorica, al conformismo, al compromesso, alla cortigianeria, al demagogismo. Elementi che si ritrovano per tutto il ventennio fascista.
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Elementi, aggiungerei, che mi pare si ritrovino anche nella situazione attuale del nostro paese.
Il tema della Resistenza mi interessa: mio padre, ragazzo, partecipò in qualche modo all'esperienza della Repubblica dell'Ossola, dove viveva. La sua reticenza nel parlare di questa fase della sua vita non mi ha mai permesso di capire davvero quale sia stato il suo ruolo, quali le sue motivazioni nell'aderire a questo movimento. Mi spiace pensare che la sua memoria se ne andrà con lui nella tomba, senza che nessuno di noi figli abbia mai potuto capire questa parte della sua esperienza.
01 settembre 2009
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