30 novembre 2006

Il mazzo di fiori (Prévert)

Che fai laggiù bambina
Con quei fiori appena colti
Che fai laggiù ragazza
Con quei fiori seccati
Che fai laggiù bella donna
Con quei fiori che appassiscono
Che fai laggiù già vecchia
Con quei fiori che muoiono

Aspetto il vincitore


Jacques Prévert

29 novembre 2006

Mia moglie è violenta

Mia moglie è violenta.
Una volta mi ha preso a sberle perché guidavo troppo velocemente.
Però, va detto che non l'ha fatto mentre guidavo, ma dopo, mentre la slegavo dal portapacchi.

IL TUO NOME
Sui muri scrostati dal tempo
ho scritto il tuo nome
sulle foglie portate dal vento
ho scritto il tuo nome
sui sassi, sulla terra, sulla sabbia,
ho scritto il tuo nome.
Prima o poi l'imparerò!

http://www.borismakaresko.it/

28 novembre 2006

Autodisciplina (Einstein)

"(...) Sembra arbitrario, anzi illogico, postulare l'esistenza di un Essere i cui desideri abbiano un rapporto con gli avvenimenti.
Nonostante ciò, ognuno di noi avverte che in realtà è non solo giusto, ma essenziale chiedersi come comportarsi nella vita.
A mio avviso la risposta è questa: soddisfare per quanto è possibile le aspirazioni e i bisogni di tutti, raggiungendo l'armonia e la bellezza nei rapporti umani. Ciò presuppone molta consapevole riflessione e molta autodisciplina.(...)"

24 novembre 2006

The Paris match (Style Council, 1984, voce di Tracey Thorn degli Everithing but the girl)

Ore vuote
Spese a setacciare le strade
In giornate piovose
Che hanno segnato il ritmo della mia vita;
Mentre mi muovo dal caffè al bar
Vorrei sapere dove sei;
Perché mia hai riempito la testa di nuvole
Ed adesso vivo completamente fuori dal tempo.
Cieli vuoti mi dicono di provare a dimenticare
A me basterebbe non avere rimpianti;
Mentre mi trascino sul selciato dei boulevard
(mi domando se) ti rivedrò ancora;
Perché mi hai riempito la testa di nuvole
E da quel momento aspetto la mia occasione

Sono solo un po’ triste, in modo naturale,
E non mi dispiace a volte di sentirmi così
Il dono che (mi) hai fatto è il desiderio
Il fiammifero che ha acceso il mio fuoco

Notti vuote con niente da fare
Me ne sto seduto e penso, ogni pensiero è per te;
Divento così stanco e annoiato
Così esco di nuovo;
Detesto sentirmi così imprigionato
Mi sento come se stessi gettando via il tempo

Sono solo un po’ triste, in modo naturale,
E non mi dispiace a volte sentirmi così
Il dono che (mi) hai fatto è il desiderio
Il fiammifero che ha acceso il mio fuoco

[Il testo originale è nei commenti]

23 novembre 2006

Una fede speciale

Qualcuno si è inventato una fede con incisa una delle mie poesie preferite di E.E.Cummings.

La poesia si può (ri)leggere qua: http://magiaerre.blogspot.com/2006/01/i-carry-your-heart-with-me-cummings.html

La fede, invece, si può comprare qua: http://www.pyramidcollection.com/itemdy00.asp?c=&T1=P16708&GEN1=All+Jewelry&SKW=jewelry&PageNo=1


22 novembre 2006

Lo zio Podger (Jerome K. Jerome)

Questo è Harris... sempre pronto ad accollarsi il peso di tutto per poi metterlo sulle spalle degli altri.
Mi fa ricordare sempre del mio povero zio Podger.
Mai visto un quarantotto come quello che succedeva per casa quando lo zio Podger metteva mano a un mestiere. Il corniciaio rimandava a casa un quadro e il quadro rimaneva nella sala da pranzo, appoggiato alla parete, in attesa di essere appeso; e la zia Podger continuava a chiedere che cosa bisognava fare; e lo zio Podger diceva:
- Non te ne incaricare, ci penso io. E voialtri, che nessuno si preoccupi, faccio tutto da me.
Si toglieva la giacca e cominciava col mandare la ragazza di servizio a comprare sei soldi di chiodi e quando quella era già uscita la faceva rincorrere da uno di noi ragazzini per dirle di che lunghezza dovevano essere; e così, a poco a poco, metteva in moto tutta la famiglia.
- Tu, Will, vai a prendermi il martello, - gridava, - e tu, Tom, portami la riga; mi occorrerà la scala a pioli e sarà meglio che mi portiate anche una seggiola di cucina. Tu, Jim, fai un salto dal signor Goggles e digli: "Papà le manda i suoi saluti e spera che la sua gamba vada meglio e la prega di imprestargli la livella". E tu, Maria, non te ne andare, mi occorrerà qualcuno che mi tenga il lume; e appena la ragazza torna dovrà uscire di nuovo per un po' di cordone da tappezziere; e... Tom! dove si è cacciato Tom? Vieni qui; avrò bisogno di te per farmi porgere il quadro.
Poi nell'alzare il quadro se lo lasciava scappare di mano; il quadro usciva dalla cornice e lui, nel tentativo di non far rompere il vetro, si tagliava e si metteva a correre per la stanza in cerca del fazzoletto.
Il fazzoletto non riusciva a trovarlo perché stava nella tasca della giacca e tutti quanti dovevamo smettere di cercare gli arnesi per correre alla scoperta della giacca mentre lui ci saltabeccava dietro.
- Ma è mai possibile che in tutta la casa non ci sia uno che sappia dove è la mia giacca? Mai visto in vita mia un'accozzaglia di scemi come voi, parola d'onore mai vista in vita mia. Siete in sei! e in sei non siete capaci di trovare una giacca che mi sono tolto non più tardi di cinque minuti fa! Bene... per tutti...
Poi si alzava e scopriva che stava seduto sulla giacca. E allora gridava:
- Potete smettere di cercare; me la sono trovata da me. Chiedere a voialtri di trovare una cosa è come chiederlo al gatto.
Poi, dopo avere impiegato mezz'ora a fasciarsi il dito, e avere comperato un altro vetro, e avere portato gli utensili, la scala, la sedia e la candela, ricominciava il lavoro, con tutta la famiglia, incluse la giovane domestica e la donna a ore, in semicerchio intorno a lui, pronta ai suoi ordini. Due dovevano reggere la scala, un terzo doveva aiutarlo a salire e sostenerlo lassù, un quarto gli doveva porgere il chiodo, un quinto il martello; lui tentava di puntare il chiodo alla parete e lo lasciava cadere.
- Corpo... - diceva allora, come offeso, - il chiodo è scappato!
E tutti noi dovevamo metterci in ginocchio alla pesca del chiodo mentre lui restava in piedi sulla sedia brontolando e chiedendo se per caso non avessimo l'intenzione di farlo rimanere là per tutta la serata.
Finalmente qualcuno trovava il chiodo, ma nel frattempo lui non sapeva più dov'era il martello.
- Dov'è il martello? Ma che ne ho fatto di questo benedetto martello? Santo Cielo! Possibile che tutti e sette ve ne stiate lì come allocchi e non sappiate che ne ho fatto del martello?
Gli trovavamo il martello, ma lui non trovava più il segno che aveva fatto sulla parete dove avrebbe dovuto piantare il chiodo e ciascuno di noi saliva a turno sulla sedia dietro di lui per cercare di scoprirlo. Succedeva che ognuno di noi vedesse il segno in un punto diverso e lui ci dava del cretino, a tutti, uno dopo l'altro, e ci faceva scendere. Allora prendeva la riga e ricominciava concludendo che il buco doveva esser fatto alla metà di trentun pollici e tre ottavi dall'angolo e perdeva la testa a fare il calcolo a mente.
Tutti ora ci sforzavamo a fare quel calcolo a memoria e arrivavamo a risultati diversi canzonandoci a vicenda. Succedeva che in tanto calcolare dimenticavamo il dato originale e lo zio Podger doveva riprendere le misure.
Questa volta però si serviva di uno spago e al momento critico, quando quel buon vecchio matto pendeva dalla sedia e tentava di arrivare a un punto che stava tre pollici più in alto di quanto egli potesse giungere, lo spago gli scivolava dalle dita e lui cadeva sul pianoforte battendo col capo e col corpo su tutti i tasti allo stesso tempo e producendo un effetto musicale veramente notevole.
E la zia Maria diceva che non avrebbe permesso che i bambini rimanessero lì a sentire un linguaggio simile. Finalmente lo zio Podger trovava il posto e vi appoggiava la punta del chiodo reggendolo con la mano sinistra mentre con la destra prendeva il martello. Alla prima martellata si schiacciava un dito ed emettendo un urlo lasciava cadere il martello sul piede di qualcuno di noi Zia Maria, tutta tenerezza, diceva che la prossima volta che lo zio Podger avrebbe dovuto conficcare un chiodo nella parete, sperava che glielo avesse fatto sapere in tempo affinché, mentre egli faceva quello, lei potesse combinare un viaggio di una settimana da sua madre.
- Oh! Voi donne fate un can-can per qualsiasi piccolezza!
rispondeva zio Podger riprendendo il controllo di se stesso. In fondo con questi lavoretti mi ci diverto.
Ed eccolo a fare un altro tentativo. Al secondo colpo il chiodo sprofondava nell'intonaco e mezzo martello spariva dietro di lui:
zio Podger per forza di inerzia sbatteva contro la parete acciaccandosi il naso.
E ricominciava la ricerca dello spago e della riga e si faceva un altro buco. Verso mezzanotte il quadro era appeso... di traverso e pericolante; alcuni metri della parete sembravano raschiati con un rastrello e tutti noi, ad eccezione dello zio Podger, eravamo stanchi morti, in uno stato miserevole.
- Ecco fatto, - diceva lui scendendo pesantemente dalla sedia sui calli della donna a ore e guardando con evidente orgoglio la strage compiuta. - C'è della gente che per una sciocchezza simile sarebbe stata capace di chiamare un operaio.

Da TRE UOMINI IN BARCA (per non parlar del cane) [1889], di Jerome K. Jerome (1959-1927)

21 novembre 2006

Gli elementi comuni dell'esperienza scientifica e artistica (Einstein)

Gli elementi comuni dell'esperienza scientifica e artistica.

Quando il mondo cessa di essere il luogo dei nostri desideri e speranze personali, quando l'affrontiamo come uomini liberi, osservandolo con ammirazione, curiosità e attenzione entriamo nel regno dell'arte e della scienza. Se usiamo il linguaggio della logica per descrivere quel che vediamo e sentiamo, allora ci impegnamo in una ricerca scientifica. Se lo comunichiamo attraverso forme le cui connessioni non sono accessibili al pensiero cosciente, ma vengono percepite mediante l'intuito e l'ingegno, allora entriamo nel campo dell'arte. Elemento comune alle due esperienze è quella appassionata dedizione a ciò che trascende la volontà e gli interessi personali.

Albert Eintein, Epistolario, 27 Gennaio 1921


Nell'immagine due Colombe di Floriano Bodini, dal Castello di Stupinigi.

20 novembre 2006

Il Global Orgasm salverà il pianeta

Una coppia di pacifisti Usa lancia una bizzarra iniziativa per il 22 dicembre: "Fare l'amore tutti insieme e veicolare quel gigantesco flusso di energia".
Contro la guerra, il sesso di massa: "Il Global Orgasm salverà il pianeta"
di Alessandra Vitali

L’INTENTO è nobile, e i promotori lo sostanziano anche di fondamenti scientifici (o pseudo tali). L'unico problema è vedere se tutti, ma proprio tutti, riusciranno a raggiungere, nello stesso momento, dal Polo all'equatore, quel che si chiede loro di raggiungere. O se l'effetto sarà altrettanto efficace pure se qualcuno ci mette un po' meno tempo, qualcuno ce ne mette molto di più, qualcun altro non ce la fa arriva a destinazione. Insomma, fate in fretta i regali di Natale e tenetevi liberi per il 22 dicembre: perché allora il mondo si mobiliterà con il Synchronized Global Orgasm, la giornata dell'orgasmo collettivo sincronizzato Un modo per concentrare un flusso di energia così potente - ne sono convinti gli ideatori - da fermare le onde negative che attraversano il pianeta e tutto ciò che ne consegue. Dalle guerre ai terremoti.

L'esperimento è stravagante, non c'è che dire, ma nella suo viaggio promozionale attraverso la Rete sta conquistando riscontri e consensi. Parto fantasioso degli americani Donna Sheehan e Paul Reffer, coppia di pacifisti settantenni e fricchettoni non nuovi a iniziative clamorose, l'idea di fondo del Global Orgasm vanterebbe un sostegno scientifico nell'EGG Project, ovvero il Global Consciousness Project elaborato da un gruppo di ricercatori - e artisti e altre figure varie - dell'Università di Princeton, New Jersey. Il cui obiettivo è verificare, attraverso una rete di Random Event Generators, gli effetti dei flussi di coscienza sull'andamento delle cose del mondo.

Nel caso dell'orgasmo generale del 22 dicembre prossimo venturo, lo spunto - si legge sul sito dell'iniziativa - è la partenza, verso il Golfo Persico, di due nuove navi della Marina americana "equipaggiate con strumenti anti-sottomarini che non potranno che essere utilizzati contro l'Iran". Quindi, gli organizzatori spronano gli adepti: "E' venuto il momento di cambiare l'energia della Terra".

A coloro che aderiscono all'iniziativa, è richiesto uno sforzo: devono pensare intensamente alla pace, prima e durante l'orgasmo. Insomma, nel momento culminante dovrete concentrarvi sull'immagine, che dire, di una colomba, piuttosto che di una bandiera arcobaleno o di un garofano rosso infilato nella bocca di un cannone. Facile, no? Guai a distrarsi, altrimenti tutto quel darsi da fare rischia di tradursi in uno spreco di energie. Spiegano gli organizzatori che "la combinazione di energia orgasmica, unita a un ideale razionale può avere un effetto molto maggiore delle preghiere e delle meditazioni". Molti saranno d'accordo.

Le "istruzioni per l'uso" non sono particolarmente impegnative. Alla domanda "chi può farlo", la risposta è "tutti gli uomini e le donne, tu e tutti quelli che conosci". In quanto al "dove", si parla di "ovunque nel mondo, ma in particolar modo nei Paesi che possiedono armi di distruzione di massa". Dal "quando", invece, non si prescinde: "Il giorno del solstizio, ovvero venerdì 22 dicembre". Infine, una precisazione dovuta: "Non preoccupatevi se non avete un partner" precisa la Sheehan, lasciando intendere che si è liberi di partecipare in ogni modo. Anche con mezzi propri.

17 novembre 2006

Sono stanco: viva la rivoluzione!

Capita, alle volte, non è vero? La sola risposta possibile: una piccola rivoluzione...



16 novembre 2006

Bibbia senza Dio per atei devoti

Un filo rosso che lega libertini papi rinascimentali alle bestemmie del nonno di Mel Gibson attraversando gli uscieri raccomandati dai dorotei democristiani. Radici ed evoluzione della religione più trendy: la miscredenza.

I cosiddetti 'atei devoti' rappresentano, insieme ai punkkabestia e ai tatuati, uno dei più singolari fenomeni antropologici della nostra epoca. Tanto che il marketing sta studiando, come per i gay, una serie di proposte commerciali apposite. Si va dalle vacanze a Lourdes e Fatima, ma con accompagnatrici ninfomani, a cappelle laterali riservate, nelle chiese, per seguire la Messa fumando sigari cubani sdraiati su comodi canapé e leggendo 'Newsweek'. Invitante anche la proposta di percorrere il pellegrinaggio di Santiago di Compostela portati sulle spalle da un terziario francescano. Quasi pronto il Nuovo Messale per atei, identico a quello usato dai preti ma con la parola 'Dio' sbianchettata in tutte le pagine e sostituita da piccole pubblicità di Prada. In realtà, secondo alcuni studiosi, gli atei devoti non sarebbero che una variante più trendy di un gruppo sociale numerosissimo in Occidente, quello dei cristiani che se ne fottono. Non rappresenterebbero dunque una vera e propria devianza (come ha sostenuto il pool di psicologi che ha avuto in cura Marcello Pera), ma l'evoluzione naturale di una cultura religiosa, quella occidentale, poco portata alla riflessione spirituale e molto a birra e salsicce. Ma quali sono le radici storiche e culturali degli atei devoti? Quali i padri fondatori?

Il Papato
Autentici iniziatori dell'ateismo devoto furono alcuni papi rinascimentali, che trombavano come ossessi prima e dopo ogni cerimonia religiosa e facevano il bagno nelle tinozze di monete d'oro come zio Paperone. Soltanto uno di loro, un Borgia salito al soglio con il nome di Papa Silvio I, nominò Dio in una sua enciclica, ma era solo un'esclamazione ('Dio, quale maraviglia le femmine ignude e il mio cavallo che vince alle Capannelle!').

I dorotei
Importante corrente democristiana, i suoi potentissimi membri si facevano fotografare quasi ogni domenica mentre facevano la comunione per ingraziarsi l'elettorato cattolico. In realtà, erano abili fotomontaggi: il politico inginocchiato stava in realtà ingerendo una fetta di abbacchio, o sostenendo una visita dall'otorino. Rimasti celebri, tra i dorotei, il veneto Toni Bisaglia, che costruì diverse autostrade a sei corsie, tutte tra casa sua e casa di sua sorella, sostenendo che l'asfalto era consacrato; e il napoletano Gava, famoso per il miracolo della moltiplicazione dei posti di usciere alla Provincia. Nell'epoca d'oro del suo potere, alla Provincia di Napoli dovettero costruire un gabbiotto per gli uscieri grande come la navata di San Pietro.

Antioco Ferrara
Capostipite della famiglia Ferrara, Antioco fu un ricco erudito che, annoiandosi molto nel suo castelletto turrito, coltivò il pallino della confutazione dialettica. Arrivò a dimostrare, nell'ordine, la natura divina delle nespole, la formula matematica dell'Islam, l'inferiorità delle donne, l'inesistenza del vaiolo e la veneficità del pesce pescato di notte. Poi, nella seconda parte della sua vita, dimostrò il contrario di tutti i precedenti assunti. Nelle sue memorie, 'Le confessioni di un buontempone', confidò di non avere alcun interesse reale per le questioni affrontate, ma di essersi divertito un sacco.

Mel Gibson senior
Nonno di Mel Gibson, nonostante avesse solo la seconda elementare si appassionò alla religione sentendo le bestemmie in una palestra di pugilato. Equivocando, pensò che il cristianesimo fosse la forma più completa di sport da contatto, e teorizzò che Gesù Cristo era stato il più formidabile peso medio della storia, pur essendo ebreo. Odiava i negri, le donne, gli omosessuali, gli arabi, i democratici e gli intellettuali, e accusava i vicini di casa di sporcargli il giardino buttando le cicche. Divenuto predicatore con il nome d'arte di Padre Paranoia, incitava i passanti a brandire la croce contro i nemici della cristianità, o perlomeno contro le macchine in divieto di sosta sul suo passo carraio. Visse e morì senza avere la più vaga idea del concetto di Dio, ma con un'ottima preparazione atletica.

Da Satira Preventiva, di Michele Serra, Ottobre 2006

13 novembre 2006

Corporations e regole in eterna rincorsa

Corporations e regole in eterna rincorsa
Di Guido Rossi, da Il Sole-24 Ore, 10 Novembre 2006.

Secondo una recente statistica, all’inizio di questo secolo, tra le 100 maggiori economie mondiali compaiono 51 gruppi societari multinazionali e solo 49 stati. Se si sommano tra loro i prodotti interni lordi di tutti gli Stati del mondo (191 al momento del conteggio), escludendo solo i maggiori 9 (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Cina, Brasile e Canada), il risultato è una cifra inferiore al valore aggregato delle vendite annuali delle prime 200 società del mondo. In base agli stessi calcoli, Wal-Mart, la dodicesima società al mondo in termini di dimensioni, supera 161 stati; la Daimler-Chrysler è maggiore della Norvegia, General Motors della Danimarca mentre l’economia del Sudafrica è inferiore a quella della Ford.

Non solo le corporation rappresentano gli attori economici più importanti, rivaleggiando per dimensioni e potere con gli stessi Stati ai cui ordinamenti sono formalmente assoggettate, ma esse riflettono ed amplificano la concentrazione della ricchezza e la divisione del mondo tra ricchi e poveri; il 93% delle prime 200 società al mondo [186 società] appartiene a soli sette Paesi.

I grandi gruppi internazionali rappresentano un sistema di scambio parallelo, che potrebbe porsi al di fuori - o al di sopra - sia del mercato, sia della legge. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, agli inizi degli anni ’90 un terzo del valore delle esportazioni mondiali era rappresentato da scambi intragruppo tra società controllate o collegate. Il recente fenomeno di concorrenza dei mercati finanziari da parte di sistemi di scambio organizzati da banche e intermediari al proprio interno (…) non è che un esempio particolarmente evidente ed eclatante di come le società possano assumere direttamente il controllo e la gestione dell’istituzione fondamentale dell’economia liberale, il mercato. (…)


C’è di che riflettere, non è vero?

10 novembre 2006

Tanta acqua è passata sotto i ponti (Prévert)

Tanta acqua è passata sotto i ponti
ed anche un gran fiume di sangue
Ma ai piedi dell'amore
scorre un bianco ruscello
E nei giardini della luna
dove ogni giorno si fa festa per te
questo ruscello canta addormentato
Questa luna è la mia testa
dentro cui gira un grande sole blu
E gli occhi tuoi sono questo sole.

Jacques Prévert


09 novembre 2006

«La Rete sia con te», disse lo Jedi (di Franco Carlini)

«La Rete sia con te», disse lo Jedi
Pubblicato da Franco Carlini il 2 Novembre 2006 sul suo blog Chips & Salsa.
http://chipsandsalsa.wordpress.com/2006/11/02/%c2%abla-rete-sia-con-te%c2%bb-disse-lo-jedi/

Una tecnologia abilitante sfonda le barriere. Informazioni e conoscenze sono in rete appena create, in spirito di condivisione e clamorosamente fuori mercato. E’ questa la minaccia che il web e le comunicazioni digitali portano a un’industria seduta su se stessa, abituata ad avere il monopolio dell’informazione quotidiana, ma della quale molti lettori hanno cominciato a fare a meno perché si sono fatti redattori ed editori essi stessi.

Cosa insegna l’internet ai giornali di carta e come li sta comunque cambiando? Molta della discussione in proposito si è svolta finora solo in termini di economia e di modelli di business, cioè dal punto di vista dell’impresa editoriale: copie calanti, pubblicità che migra verso la tv e ora verso l’online, alto costo delle risorse umane giornalistiche e, su tutto, la rete che produce e diffonde informazione abbondante e quasi sempre gratuita, sì da soddisfare anche i più esagerati bulimici di notizie.

Si provi tuttavia a rovesciare lo sguardo, mettendosi invece dalla parte dei lettori: dalla metà degli anni ’90, quando il web esplose come fenomeno di massa, è successo che almeno un miliardo di persone (un abitante della Terra su sei) ha potuto acquistare o avere accesso a dei personal computer di basso costo collegati all’internet e usarli per stare in relazione con amici lontani e ottenere informazioni su ogni argomento che interessi la sua vita e il suo lavoro. Ma soprattutto la disponibilità di una tale tecnologia abilitante (nel senso che «mette in grado di») ha fatto cadere le barriere tra chi produce notizie e le diffonde e chi ne fruisce solo leggendole. I miliardi di pagine che costituiscono il word wide web, ragnatela grande come il mondo, e che i motori di ricerca scandagliano e rimettono a disposizione di tutti noi, solo in minima percentuale sono state prodotte da imprese editoriali for profit; sono invece il frutto di una presa di parola di massa di singoli e di organizzazioni che hanno trovato in questo strumento una possibilità fino a ieri negata. Gli uomini del marketing hanno da tempo inventato una nuova locuzione per tale fenomeno: user generated contents (contenuti generati dagli utenti). Dalla politica alta alla scienza, dal porno ai manuali di cucina, c’è letteralmente di tutto e per tutti, fino al punto di creare un senso di stordimento. C’è abbondanza dove c’era scarsità, c’è libertà di espressione dove prima c’erano vincoli materiali e sociali. Non è un mondo virtuale, separato da quello reale ma è la forza che può rivitalizzare società ripiegate e media stanchi. «La Forza è la vita e la vita è la Forza» dice Obi-Wan Kenobi il saggio Jedi di Guerre Stellari e la metafora ben si applica a questo network la cui crescita in quantità e qualità nessuno dei suoi ideatori aveva previsto.

Un vero reazionario, ma intelligente, il boss dei media Rupert Murdoch, più di un anno fa, in una riunione degli editori americani di quotidiani, rinobbe di non aver capito niente dell’Internet e del resto anche il grande Bill Gates, nei primi anni ’90, aveva scrollato le spalle di fronte a chi gli parlava dell’internet: lì non c’è business, disse, clamorosamente sbagliandosi, sì che ora lui, l’uomo più ricco del mondo, si trova a inseguire i giovani che stanno plasmando la rete.

Se Murdoch e Gates, se la Ibm e Hollywood hanno come ragione sociale il produrre profitti, milioni di persone vanno sul web invece per altri scopi, dichiaratamente non di mercato, non per denaro. La condizione materiale per cui questo avviene è appunto l’abbondanza: la proprietà e la moneta vennero inventate dagli umani per gestire in maniera efficiente delle risorse scarse, così ci spiega l’economia classica. Ma quando il costo di un Pc è pari a 25 cene in pizzeria e miliardi di tali Pc accesi in tutto il mondo contengono nei loro dischi dei terabyte di informazioni e le mettono a disposizione dei loro confratelli, le regole del gioco cambiano totalmente. La battaglia strenua che le major della musica, del cinema e dell’editoria conducono nei tribunali contro la «pirateria» corrisponde al tentativo, si spera senza successo, di ricreare artificiosamente una scarsità, e perciò un valore monetario e dei profitti, là dove la rete ha creato un fantastico eccesso mai vista prima.

La cosa più drammatica per gli editori è che queste masse sparpagliate hanno cominciato a fare a meno di loro: dei loro quotidiani pieni di teatrini politici e di polemiche inventate, e dei loro programmi televisivi. Ludovico, 12 anni, l’altro giorno ricevette un Sms da una coetanea; era un appuntamento in chat da lì a mezz’ora e dunque: «dai mamma, corriamo a casa». Non per vedere dei telefilm, ma per chiacchierare spensieratamente felici come si può esserlo a quell’età (e se possibile anche più avanti negli anni). E non si accontentano di farne a meno come fruitori, addirittura invadono il loro campo, condividendo con il mondo gli appunti universitari, le foto di un evento, emettendo notizie dalla Tanzania come dalla Finlandia.

«Inaffidabili» che non siete altro, contestano alcuni giornalisti sventolando il tesserino dell’Ordine, mentre Murdoch, più lungimirante di loro, ammette realisticamente che «i nostri lettori sanno più cose di noi» e mentre i più furbi tra i loro colleghi e gli uffici di Pr delle aziende girano freneticamente per i blog per cogliere in anticipo tendenze e sentimenti del mondo.

08 novembre 2006

Gesti

"(...) Stavo in questi nuovi pensieri seduto da solo nel salotto, quando Matilde venne a dirmi che la cena era pronta. Vestita con un vecchio abito scuro, mi sembrò tale e quale l’avevo vista la prima volta. Si avvicinò alla mia sedia, mi posò una mano sulla spalla e con un sorriso triste disse: “In tavola”.
Mi alzai subito e venni a trovarmi faccia a faccia con lei, che mi guardava negli occhi continuando a sorridere amaramente. Mi venne in mente di profittare di quel momento per una prova. Allungai una mano al suo volto e le feci una carezza. Socchiuse gli occhi e piegò il capo verso la mia mano, stringendola tra la guancia e la spalla. Bastò quel gesto a dischiudermi una speranza. Dovevo andare a fondo nel gioco che avevo cominciato e che poteva aprirmi la strada che cercavo, magari non quella del matrimonio al quale pensava la signora Cleofe, ma un’altra più tortuosa e difficile. Una simile impresa avrebbe comportato un duro confronto con l’Orimbelli, ma col risultato di mutare la sorte di più vite, e della mia innanzitutto, se era giunta, come mi pareva, a un punto di rottura. Sapevo per intuito più che per esperienza, che ogni gioco dei sentimenti nasconde sempre un dramma, lo prepara, quasi lo alleva tra allegre divagazioni e spensierate ebbrezze.
Ma non era più un gioco per me, era un cimento, una lotta dalla quale speravo di uscire mutato quel tanto che mi occorreva per diventare finalmente uomo (…)".

Piero Chiara, da La stanza del vescovo (1976)














Anche nella vita di tutti i giorni, a volte certi piccoli gesti si caricano di significati simbolici che vanno ben oltre la loro effettiva dimensione. Tuttavia, possono essere importanti, per la vita di ognuno - a volte davvero parca di eventi positivi.

07 novembre 2006

quando dio decise d'inventare (Cummings)

quando dio decise d'inventare
tutto fece un sospiro
più grande di un tendone da circo
e tutto incominciò

quando l'uomo volle distruggere
se stesso prese il fu
di sarà e trovando solo perché
lo ruppe in risposte

E.E.Cummings (da "I x I (one times one)", 1944)


Nell'immagine il quadro "Mt. Chocorua" (olio su tela, 1938)

06 novembre 2006

Niente di personale

In tempi di scandali legati alle intercettazioni telefoniche, Business Week fa il punto sulla privacy dei dipendenti aziendali. Rivelando particolari inquietanti.

Il capo può leggere abbastanza facilmente la corrispondenza virtuale dei lavoratori: lo afferma Business Week, in un editoriale che riflette sulla privacy perduta.

Una cosa deve essere chiara per qualunque impiegato: ogni mail che viene inviata o ricevuta attraverso un network aziendale può essere, e spesso lo è, spiata. Si tratta di una pratica ampiamente diffusa e perfettamente legale. Infatti, in termini giuridici, ciò che un dipendente crea grazie ai mezzi messi a sua disposizione dall'azienda è un prodotto e non una proprietà personale. Il livello di attenzione rivolto verso le e-mail degli impiegati varia poi a seconda del tipo di società e dalla natura del traffico.I messaggi spediti attraverso il cyber-spazio grazie al sistema e-mail della corporate vengono spesso monitorati e archiviati, in modo tale che ne rimanga una copia anche nel caso venissero cancellati dall'autore sul proprio pc.

Inoltre molte aziende analizzano la posta elettronica con l'ausilio di un software appositamente tarato per rilevare corrispondenza che contenga informazioni confidenziali sulla società o contenuti giudicati inappropriati dall'azienda stessa. E' molto probabile che la stessa sorte tocchi anche all'instant messaging, anch'esso tenuto d'occhio e registrato con l'autorizzazione fornita dal fatto che si svolge su un corporate network.E' possibile che i siti internet visitati dai dipendenti vengano controllati e talvolta filtrati. Molto' più difficile è controllare le mail inviate o ricevute attraverso servizi come Yahoo! Mail, Gmail di Google o Hot Mail di Microsoft, ma è sempre e comunque possibile. Conviene ricordarlo.L'unica eccezione è rappresentata dalle transazioni private online su siti bancari o di e-commerce. L'azienda può rilevare la connessione, ma non le è consentito sbirciare. Almeno qui.

03 novembre 2006

Halloween (All Hallows Evening) 2006

Tra sabato 28 e martedì 31 Ottobre abbiamo festeggiato Halloween a modo nostro, con qualche amico. Non perché la festa ci appartenga molto, ma perché in fondo è un'occasione, buona come altre, di ricordare le persone a cui abbiamo voluto bene e che ora non ci sono più.
E' difficile parlare della morte con i bambini, soprattutto cercando di non dire stupidate. Difficile soprattutto costringersi a condividere con loro, con parole semplici, una visione della vita dopo la vita. La visione che ho cercato di condividere, soprattutto con M. che è più grandicello e curioso, è che non si muoia mai veramente finché qualcono si ricorda di noi. Per questo, feste come Ognissanti ci offrono l'opportunità di "fare l'inventario" delle persone a cui abbiamo voluto bene e che ora non ci sono più: poco importa, poi, se nell'elenco che abbiamo fatto sono finiti anche un paio di animali domestici...