19 settembre 2021

Buon compleanno Martino!

 Anche se non vuoi mai fare una foto che sia una...

In tuo onore, ieri abbiamo anche visto Dune, davvero bello.



05 maggio 2021

Buon compleanno Giacomo!

Stasera abbiamo festeggiato il compleanno di Giacomo e nello stesso tempo il ritorno in un ristorante, all’aperto, dopo molti mesi di lockdown. Tante ragioni per essere felici! Auguri Giac!




09 aprile 2021

Charles Baudelaire, Il nemico (1854) - Frammento


In occasione del 200esimo compleanno di Baudelaire mi è venuto in mente questo frammento di poesia, che ancora mi percuote.


Il nemico


Eccomi già all'autunno delle idee,

è tempo del badile e del rastrello

per rassodare le terre inondate

in cui l'acqua ha scavato buche larghe come tombe.

E chissà se i fiori nuovi che vagheggio

troveranno, in un suolo lavato come un greto,

il mistico limo che li rinvigorirà...



31 marzo 2021

Dino Buzzati, Inviti superflui (1949)

  Vorrei che tu venissi da me una sera d'inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo. Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi. Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi, per la prima volta pazzi e teneri desideri. "Ti ricordi?" ci diremo l'un l'altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento. Ma tu - ora mi ricordo - non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d'Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d'inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei "Ti ricordi?", ma tu non ricorderesti.

         Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell'anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi; e in date ore vaga la poesia, congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene. Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre della città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola. Ma tu - adesso mi ricordo - mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l'anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all'ora giusta l'incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrare la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti d'essere stanca; solo questo e nient'altro.

         Vorrei anche andare con te d'estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l'acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dai prati e qui, distesi sull'erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne. Tu diresti "Che bello!" Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora.

         Ma tu - ora che ci penso - tu ti guarderesti intorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata ad esaminare una calza, mi chiederesti un'altra sigaretta, impaziente di fare ritorno. E non diresti "Che bello!", ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici.

         Vorrei pure - lasciami dire - vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di se una specie di musica. Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell'uomo. Ma tu - lo capisco bene - invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall'estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni. Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d'oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo. E' inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d'estate o d'autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda. Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare - ti prometto - gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all'amore. Ma io ti avrò vicina. E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo e donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo.

         Ma tu - adesso ci penso - sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso tra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose. 


 

12 novembre 2020

Corrosione

 Ci ho pensato: l’amore non si cancella, si corrode.


 

19 ottobre 2020

Al mare con la ragazza

 “Lui non corse verso di lei, benché lo volesse, come voleva bere quando aveva sete, ma si avvicinò a passo normale e quando le fu vicino, nel mezzo della rotonda, davanti alla fermata del tram, davanti alle rotaie che sembrava stessero per fondersi, si fermò semplicemente e semplicemente la guardò e vide in lei quello che lui aveva in sé, qualche cosa che Innocenzo non aveva immaginato che potessero avere: tristezza. Colavano tristezza tutti e due come la candela cola cera”. 

Al mare con la ragazza, Giorgio Scerbanenco, 1965



08 ottobre 2020

Il principio di fragilità delle cose migliori (di Riccardo Giannitrapani) - Frammento

 Il punto di partenza è sempre una domenica di pioggia; forse perché giorno terminale che contiene il mistero dei confini, o solo perché raccoglie la stanchezza di un’intera settimana. Rimane il luogo temporale di questo diario, la condizione iniziale. Questa volta però non voglio tornare a ritroso nel tempo, ripensare, rivedere, ricordare; questa volta voglio un tempo presente per parlare. (...)

 (...) Ricordo un libro letto da ragazzo, lo cerco tra i tanti scaffali di casa che la pigrizia e l’indecisione di una vita mi hanno impedito di ordinare con criteri definitivi. Lo trovo ugualmente, un piccolo volume dalla copertina bianca e dal titolo evocativo: Teoria delle Catastrofi. Sfoglio velocemente le pagine, sono come foto di quando ero più giovane, le ricordo e non mi riconosco. Una moda passeggera, la teoria delle catastrofi fu un tentativo di applicare la matematica delle singolarità e delle biforcazioni ad ambiti più ampi, non matematici. (...)

 (...) La teoria delle catastrofi studia la geometria e la topologia delle singolarità di mappe continue, un tentativo di delineare i meccanismi per cui un sistema che viene sollecitato con continuità da parametri esterni improvvisamente cambia stato, struttura, si rinnova. Il termine catastrofe come cambiamento improvviso, ripulito dal significato terribile che spesso lo accompagna. (...)

(...) ritrovo finalmente il capitolo che mi ha fatto scattare il ricordo. Si tratta del settimo: “Singolarità ai confini dei domini di stabilità e il principio di fragilità delle cose migliori”.

Eccolo, il principio di fragilità delle cose migliori. Nello spazio matematico che descrive un sistema dinamico generico i domini di stabilità costituiscono una regione in cui piccoli cambiamenti delle condizioni iniziali hanno un impatto minimo sull’equilibrio del sistema stesso. Ma sui bordi di questi domini si possono sviluppare delle singolarità, stando sul confine è più facile far precipitare il sistema nell’instabilità. Usando le parole di Arnol’d “[…] Questa è una manifestazione del principio generale che afferma che le cose buone (la stabilità) sono più fragili delle cose cattive”. (...)

Ecco, io... grazie.

 

Articolo completo qui.

27 settembre 2020

Il tempo procede così, a piccole sottrazioni (Barbara Frandino, 2020)

 “Quando abbiamo smesso di dormire in quel modo? Mi sforzo ma non riesco a ricordare. Il tempo procede così, a piccole sottrazioni. Ci adattiamo all’assenza, facciamolo continui aggiustamenti. Finché non ci accorgiamo di assomigliare più a quello che manca che a quello che resta.”


 

19 settembre 2020

Buon compleanno Martino!

 Primo pre-festeggiamento, con cuginanza, il 12 settembre.



 

Festeggiamento completo e definitivo, oggi, data giusta.

Intruso.


15 settembre 2020

Se ora tu bussassi alla mia porta (Patrizia Cavalli)

Se ora tu bussassi alla mia porta 

e ti togliessi gli occhiali 

e io togliessi i miei che sono uguali 

e poi tu entrassi dentro la mia bocca 

senza temere baci diseguali 

e mi dicessi "Amore mio, 

ma che è successo?", sarebbe un pezzo 

di teatro di successo. 

Patrizia Cavalli


 

12 settembre 2020

Estuari

Non immagino la mia vita come una clessidra, nella quale un giorno la sabbia terminerà di scorrere; piuttosto come un fiume, che un giorno raggiungerà il mare cui era da sempre destinato, divenendo tutt’uno con questo. E spero in un estuario



.


02 agosto 2020

Momenti minuscoli di felicità (Totò)

 "Vi sono momenti minuscoli di felicità, e sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di dimenticanza." 

 Totò (Intervistato da Oriana Fallaci, 1963)

 


10 luglio 2020

Genitori come sentenze

Sto maturando la convinzione che i genitori siano come le sentenze, da accettare senza discussioni. Solo che non si può ricorrere in appello.


 

25 giugno 2020

Embrasse-moi! (Jacques Prévert)

C’était dans un quartier de la ville lumière 
Où il fait toujours noir où il n’y a jamais d’air 
Et l’hiver comme l’été là c’est toujours l’hiver 
Elle était dans l’escalier 
Lui à côté d’elle elle à côté de lui
C’était la nuit (...) 
Et elle lui disait 
Ici il fait noir 
Il n’y a pas d’air 
L’hiver comme l’été c’est toujours l’hiver 
Le soleil du bon dieu ne brill’ pas de notr’ côté 
Il a bien trop à faire dans les riches quartiers 
Serre-moi dans tes bras 
Embrasse-moi 
Embrasse-moi longtemps
Embrasse-moi 
Plus tard il sera trop tard 
Notre vie c’est maintenant 
Ici on crèv’ de tout 
De chaud et de froid 
On gèle on étouffe 
On n’a pas d’air 
Si tu cessais de m’embrasser 
Il me semble que j’mourais étouffée
T’as quinze ans j’en ai quinze 
A nous deux on a trente 
A trente ans on n’est plus des enfants 
On a bien l’âge de travailler 
On a bien celui de s’embrasser 
Plus tard il sera trop tard 
Notre vie c’est maintenant 
Embrasse-moi ! 

Jacques Prévert, 1935


07 giugno 2020

Kafka, la bambina e la bambola

A 40 anni Franz Kafka (1883-1924), che non si era mai sposato e non aveva figli, passeggiava per il parco di Berlino quando incontrò una bambina che piangeva perché aveva perso la sua bambola preferita. Lei e Kafka cercarono la bambola senza successo.
Kafka le disse di incontrarlo lì il giorno dopo e loro sarebbero tornati a cercarla.
Il giorno dopo, quando non avevano ancora trovato la bambola, Kafka diede alla bambina una lettera "scritta" dalla bambola che diceva: "Per favore non piangere. Ho fatto un viaggio per vedere il mondo. Ti scriverò delle mie avventure".
Così iniziò una storia che proseguì fino alla fine della vita di Kafka.
Durante i loro incontri Kafka leggeva le lettere della bambola accuratamente scritte con avventure e conversazioni che la bambina trovava adorabili.
Infine, Kafka le riportò la bambola (ne comprò una) che era tornata a Berlino.
"Non assomiglia affatto alla mia bambola", disse la bambina.
Kafka le consegnò un'altra lettera in cui la bambola scriveva: "i miei viaggi, mi hanno cambiato". la bambina abbracciò la nuova bambola e la portò tutta felice a casa.
Un anno dopo Kafka morì.
Molti anni dopo, la bambina oramai adulta trovò una letterina dentro la bambola. Nella minuscola lettera firmata da Kafka c‘era scritto:
"Tutto ciò che ami probabilmente andrà perduto, ma alla fine l'amore tornerà in un altro modo".



Non so se sia vero, questo racconto, ma di certo sarebbe bello che lo fosse. Molte fonti lo citano, più o meno in questa forma, ma nessuna che ho trovato veramente autorevole. Poco importa.

05 maggio 2020

Buon compleanno, Giacomone!

18 anni, incredibile! Buona Fortuna Maiuscola per la tua nuova vita da adulto, tutta da immaginare e creare con l'entusiasmo che ti ha sempre contraddistinto!







12 gennaio 2020

Buon compleanno a me

Un po' ingessati da un weekend come badanti della nonna, ci siamo comunque divertiti a passare un po' di tempo insieme. Un buon compleanno.

Venerdì

Sabato

Domenica


09 novembre 2019

Ti sei stancata di portare il mio peso (Nazim Hikmet, 1901-1963)

Ti sei stancata di portare il mio peso
ti sei stancata delle mie mani
dei miei occhi, della mia ombra

le mie parole erano incendi
le mie parole eran pozzi profondi

verrà un giorno un giorno improvvisamente
sentirai dentro di te
le orme dei miei passi
che si allontanano

e quel peso sarà il più grave.

Camille Claudel (1864-1943), L'abandon.

19 settembre 2019

Buon compleanno Martino!

20 anni, Amore Mio... Che bellezza!







22 agosto 2019

ti ho vista nuda (Guido Catalano, 1971- )

ti ho vista nuda
semivestita
semisvestita
seminuda
vestita
ti ho sentita
silenziosa
meditabonda
ti ho udita
parlare
cantare
sussurrare
fischiettare
urlare
mi sei piaciuta
in tutte le modalità
hai pelle morbida
liscia
profumata
hai capelli di fragranza
inaudita
non ho capito i tuoi piedi
ma io i piedi, lo sai, non mi suscitano
ma c’hai occhi
da ribaltare un camion in corsa
sulla Torino – Reggio Calabria
il tredici d’agosto
a mezzogiorno
c’hai occhi tu
il cui colore
lo ammetto
mi è doloroso in assenza
in presenza no
mi ci tuffo
e faccio il record mondiale di apnea
poi ci galleggio a pancia in su
e m’addormento

il tuo corpo è un’ isola segreta
lontana
facciamo che sono un naufrago
mi sveglio sulla spiaggia
è mattina
non ho nessunissimo bisogno
di essere
salvato


Bansky, Il bambino naufrago