27 febbraio 2007

Ne sono successe di cose...

...nell'ultima settimana, ma mi è mancato il tempo di raccontarle.

Domenica 18 Febbraio siamo andati in giro in maschera, chi da Tittone, chi da Batmanone.


















Quest'ultimo fine settimana (anzi, per essere precisi, da Giovedì a Domenica), invece, siamo stati in Formazza, a bobbare. Neve, però, davvero poca...

20 febbraio 2007

Gelura (una freddura davvero molto fredda)

Un daino dice a un altro daino: - Giochiamo a nascon-daino?
Risponde l'altro: - Dai, no...



Oggi, festa del circo a scuola di M.
Grande successo di critica e pubblico, così mi hanno detto...

17 febbraio 2007

Un'orchestra di emozioni

Giovedì scorso ho avuto la fortuna di vivere un’esperienza professionale decisamente fuori dal comune. Ho organizzato per il mio cliente più importante, un’azienda farmaceutica, un evento interno davvero “speciale”: un incontro per la presentazione dei piani di sviluppo di una rivista rivolta ai pazienti-consumatori, in cui gli interventi dei manager della società sono stati alternati agli interventi di un direttore d’orchestra, che ha ripreso di volta in volta alcuni dei concetti chiave delle presentazioni, per declinarli in chiave del funzionamento di un’orchestra. Chiarirò meglio tra poco questo concetto.

Il ricorso ad un evento aziendale di forte impatto per il perseguimento di obiettivi di comunicazione è legato a nuovi approcci di marketing a me molto cari, fra cui, in particolare, il cd. experience marketing: si tratta, in estrema sintesi, di coinvolgere emotivamente un certo gruppo di stakeholder, allo scopo di stabilire con questi una relazione più “intima”, basata su di un’intensa emozionalità condivisa. L’evento, in questo caso, diventa strumento d’eccellenza per far vivere a questo pubblico un’esperienza memorabile, in grado sia di creare nei presenti associazioni mentali uniche ed irripetibili, che nascono da un coinvolgimento polisensoriale, sia di “catturarli” in una relazione emotiva con l’evento e dunque con il progetto (prodotto, servizio o quant’altro) che in quel contesto viene presentato, al quale l’immagine forte e positiva dell’evento viene trasferita.

La strategia di comunicazione dell’evento, dunque, è stata quella di creare il parallelismo tra l’orchestra di musica classica - dove tutti gli elementi concorrono all’armonia complessiva - e l’azienda - dove le diverse funzioni aziendali devono perseguire un unico obiettivo - utilizzando la leva della creatività. Il paragone con l’orchestra è servito a spiegare meglio l’importanza sia del talento individuale che del talento collettivo: uniti, il risultato è superiore alla semplice somma dei singoli sforzi.

All’evento ha partecipato il Maestro Stefano Michelangelo Lucarelli, direttore d'orchestra - pianista - divulgatore, artista dalla carriera internazionale e che in Italia ha diretto anche al Quirinale: il Maestro ha diretto un ensemble di sette elementi (4 violini, viola, violoncello e contrabbasso - il cuore di un’orchestra), che hanno suonato musiche prima di Corelli e poi di Mozart. Per la cronaca, si trattava dell'"Ensemble della Basilica Autarena" di Treviglio (Bg).

Dettagli a parte, quello che vorrei tentare di descrivere è la sensazione che ho provato trovandomi a pochi metri dall’orchestra. Premetto che la mia conoscenza della musica classica è estremamente limitata, direi quasi inversamente proporzionale alla mia conoscenza della Disco Music anni ’70 (che vergogna! Però è andata così, che ci posso fare, da ragazzo mi piaceva fare il diggiei...). Bhé, in breve sono rimasto folgorato. Vedere così da vicino le violiniste suonare quelle musiche sconosciute eppure così emozionanti mi ha veramente colpito. Ho avuto quasi l’impressione che lo strumento fossero loro, le musiciste, e che i loro violini non fossero che delle parti di loro stesse, come delle estensioni dei loro arti. Meraviglioso. Quasi sexy. Chissà se imparerò mai a capirci qualcosa...

13 febbraio 2007

Silenzi (Lalla Romano)

D’estate, nel silenzio dei meriggi,
sopra la terra esausta ed assopita,
incombe il peso d’una enorme assenza.

Ma dai grandi silenzi dell’inverno,
sopra la terra rispogliata e nuda,
infinita certezza si disserta.

Tutto perdemmo: fu sprecato il tempo
sì breve del fiorire, ma ora il cielo,
non più velato dalle foglie, immenso,

di luce inonda gli orizzonti, e nulla
fuorché il cielo è vivente sulla terra,
una più vera vita è in questa morte.

Lalla Romano (1906-2001)


11 febbraio 2007

Fine settimana in Formazza per M. e papà

Ci siamo proprio divertiti a scivolare sulle palette.

09 febbraio 2007

Soldati (Ungaretti) o giù di lì

Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie. [Mica bene.]

FINE (Ada Negri)

La rosa bianca, sola in una coppa
di vetro, nel silenzio si disfoglia
e non sa di morire e ch'io la guardo
morire. Un dopo l'altro si distaccano
i petali; ma intatti, immacolati,
un presso l'altro con un tocco lieve
posano, e stanno: attenti, se un prodigio
li risollevi o li ridoni, ancora
vivi, candidi ancora, al gambo spoglio.
Tal mi sento cadere sul cuore i giorni
del mio tempo fugace: intatti, e il cuore
vorrebbe, ma non può, comporli in una
rosa novella, su più alto stelo.

Ada Negri (1870-1945)

06 febbraio 2007

L'uomo come fine (Eco)

L'uomo come fine

di Umberto Eco - Da La bustina di Minerva, L'espresso, 25 Gennaio 2007

Lo Stato uccide per educare gli altri, perché si impari che a uccidere si muore. Usa il condannato come messaggio, come mezzo. Per questo la pena di morte è un delitto


(...) Perché si può essere crudeli quanto si vuole ma si deve essere contro la pena di morte?
Ricorderete le varie analisi che i semiotici e i sociologi avevano fatto ai tempi d'oro del terrorismo nostrano. Il terrorista non ammazzava Tobagi, Casalegno, Bachelet e persino Moro perché lo odiava, ma perché intendeva inviare un messaggio a fini di destabilizzazione. La vittima non era mirata. Hanno preso Moro perché probabilmente risultava più comodo, ma avrebbero potuto prendere, che so, Fanfani o Andreotti, e la cosa avrebbe funzionato lo stesso. E lo stesso hanno fatto i terroristi dell'undici settembre a New York. Non gli importava chi moriva (e in fondo avrebbero scambiato le due torri con l'Empire State Building, ma era più comodo raggiungere dal mare le due torri senza sbagliare il colpo): era importante mostrare che gli Stati Uniti erano vulnerabili.
Ora, uccidere un uomo solo per mandare un messaggio, vuole dire usare una creatura umana come mezzo invece che come fine. E non so se tutti i lettori hanno presente, ma questo contrasta non solo con ogni etica religiosa ma anche e soprattutto con l'etica laica. Un bel libro di saggi di Moravia era intitolato 'L'uomo come fine'. Uccidere qualcuno perché lo odi, perché ti ha rubato la moglie o il marito, perché ti disprezza, perché ti disturba di notte, è ancora una forma di omicidio vorrei dire 'onesto' (onore ai coniugi di Erba) perché ammazzi quella persona proprio perché è quella. Ma uccidere un uomo per mandare un messaggio (usare una creatura umana, scegliendola quasi a caso, come telegramma) è Male.
Cosa fa la pena di morte? Mica lo Stato vuole uccidere qualcuno perché gli è antipatico. Mica lo uccide perché non commetta più crimini (basterebbe rinchiuderlo e buttare la chiave). Lo uccide per educare gli altri, perché si impari che a uccidere si muore: e quindi lo uccide usandolo come messaggio, ovvero come mezzo invece che come fine. Per questo la pena di morte è un delitto.
(...)

01 febbraio 2007

Fari sulla medicina "paradossale"

I gestori dei fondi di invesimento sono sempre alla ricerca di nuove intuizioni da cui trarre profitto. Thomas Della Casa, Investment Strategist di RMF, afferma:
"La prossima sfida è la medicina "paradossale" che cerca di indebolire il corpo per scatenare una reazione di compensazione. Chi soffre di pressione alta non assumerà un farmaco per ridurre l'ipertensione, ma al contrario intraprenderà una cura che rafforzerà i propri meccanismi di autodifesa. Il corpo corregge le mancanze e si adatta da solo alle nuove situazioni".
Da Plus Il Sole 24 Ore: pag. 23 - 13 gennaio 2007.

Staremo a vedere...