Si può raggiungere in macchina da Angera, proseguendo in direzione di Ispra/ Leggiuno: prima di arrivare a Reno troverete una strada sulla sinistra, che vi porterà al parcheggio dove inizia la discesa a zig zag verso l’eremo di Santa Caterina, qualche centinaio di gradini più in basso.
Ma è tutta un’altra storia se arrivate in battello, stagione permettendo. L’avvicinamento al monastero avverrà poco per volta, svelandovi istante dopo istante nuovi dettagli e stupefacenti particolari di questo gioiello incastonato tra le rocce a picco sull’acqua. Il minuscolo porticciolo dove attraccherete è stato l’unico modo per accedere al monastero nei primi secoli della sua esistenza. Potete trovare gli orari dei battelli su www.navigazionelaghi.it/
La leggenda della nascita del santuario è narrata da Piero Chiara ne “La stanza del Vescovo”.
(...) Durante la traversata raccontai a Matilde la storia del Beato Alberto Besozzi che si era fatto eremita alcuni secoli prima sulla roccia a picco di fronte a noi, dopo essere scampato all'annegamento durante un nubifragio, proprio nelle acque che stavamo navigando.
"Il Beato Alberto" dissi "prima del nubifragio era un mercante, o meglio un usuraio che andava facendo i suoi affari nei paesi del lago. Un giorno fu preso dalla tempesta e il suo navicello si rovesciò. Riuscì a raggiungere la riva a nuoto, al piede di quella parete rocciosa. Veniva da Intra, dove aveva guadagnato, speso, trovato donne, amici e nemici. Tornava a casa, dove forse aveva una moglie e dei figli. Il naufragio gli aprì gli occhi. Basta, deve aver detto, non ho più voglia di lottare. Sto qui a mangiare alborelle e insalata. Infatti non si mosse più dalla grotta nella quale si era rifugiato. I pescatori gli portavano il pesce, i contadini gli calavano la verdura dall'alto della rupe e nessuno gli rompeva le scatole. Certe volte" conclusi " penso anch'io di farmi eremita, di ritirarmi in qualche luogo remoto, fuori dalle contese e soprattutto dagli inganni del mondo". (...)
Secondo la leggenda, il Beato Alberto costruì una cappella dedicata a Santa Caterina, oggi visibile sul fondo della chiesa. La cappella, che risale al XII secolo, fu presto affiancata da altre due chiese, la cui esistenza è testimonata fin dal XIV secolo; la prima era dedicata a San Nicola (una parte fu poi utilizzata per costruire il transetto dell’edificio maggiore), la seconda a Santa Maria Nuova (di questa non resta più alcuna traccia). L’attuale aspetto degli edifici è dovuto agli interventi compiuti nel Cinquecento per unificare le tre chiese in un'unica costruzione.
Dal XIV al XVI secolo il monastero crebbe in importanza e ricchezza. Dal XVII secolo, ma soprattutto a partire dall’Ottocento, il complesso conobbe fasi di decadenza e abbandono, alternate a brevi periodi di maggiore prosperità. Oggi, dopo lunghi e complessi lavori di restauro e di consolidamento sostenuti dalla Provincia di Varese, il monastero, affidato alle cure di monaci (benedettini o domenicani, non ricordo), è tornato ad essere meta turistica e religiosa.
Il restauro ha valorizzato frammenti di affreschi molto belli e tutta l'articolata struttura architettonica, ma è la straordinaria collocazione nel paesaggio e la vista che si gode dalle sue balconate ciò che rende particolarmente affascinante questo monastero.
Entrando nell’eremo, si incontrano dapprima il convento meridionale (XIV-XVII secolo) con interessanti affreschi nella sala del camino, poi il conventino (XIII secolo) e infine la chiesa, che ingloba al suo interno la cappella di Santa Caterina.
L'ingresso alla visita è gratuito.
Bibliografia minima: Annie Veschambre - Lago Maggiore: Piemonte, Lombardia, Svizzera – Macchione Editore, Varese - 2003
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