«È diventata una richiesta generalizzata - si legge nell'articolo - quella di porre dei limiti alla scienza. Allo stesso modo, da quando la politica ha assunto la forma globalizzata della democrazia, si è cominciato a denunciarne il carattere meramente procedurale. Scienza e democrazia, proprio mentre riscuotono ampi successi pratici, vengono spesso sottoposte ad autorità esterne: la tavola dei valori sopra l'attività scientifica e le identità sopra il relativismo democratico. Alla base di questi problemi c'è uno scarto tra la potenza e il potere, la scienza è andata avanti, ma la cultura e la mentalità non sono riuscite a metabolizzare i suoi successi. Da qui la difficoltà di fare politica della scienza».
«Oggi, - conclude la Stampa - nel vecchio continente l'investimento in ricerca rispetto al pil è inferiore alla media mondiale; il 75% della ricerca è migrata nell'Indopacifico. Quali caratteri avrà questa scienza a prevalenza asiatica? L'Italia ha vissuto in modo dissennato l'avvento della nuova scienza. Non solo ha diminuito l'investimento in ricerca, in controtendenza mondiale, ma ha maltrattato la sua migliore risorsa, i giovani ricercatori, ignorando il riconoscimento dei meriti. La crisi economica e ancor più quella civile non sono estranee a questa ennesima anomalia».
Fonte: La Stampa, "Tutto Scienze", 7 gennaio 2009, pag. 28

Nessun commento:
Posta un commento