Alle soglie della vecchiaia mi accorgo di avere avuto un’infanzia decrepita. Ho vissuto il primo tempo della mia vita come un ricordo, non come una scoperta. Infanzia e giovinezza furono per me due regni favolosi. Non belli, anzi molto spesso pieni di angoscia e di paura, ma addirittura meravigliosi per i mezzi di cui disponevo per combattere angoscia e paura e farmele schiave.Quando m’innamorai portai intero nel mio sentimento l’astratta violenza delle mie private conquiste. E fu un grande amore. Ma proprio per quell’assoluto che m’ostinavo a voler perseguire, dovetti concedere alla vita quanto le spettava. Fu una breccia. Da allora, insensibilmente ma inesorabilmente, particelle invisibili di concessioni, compromessi, abitudini m’inquinarono; e tanto più esse si facevano numerose, tanto meno io m’accorgevo d’esserne invasa e di andar tramutandomi. Ci misero un po’ di tempo a plasmarmi nel peggiore dei modi, quale ora sono. Oggi so che ho perduto, che la mia vita, cominciata come una straordinaria aurora, s’è spenta e fatta al tutto inutile riducendo in cenere anche quei bagliori iniziali, ove avevo creduto di leggere un più nobile e arduo destino.

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