1. I coglioni sono molti più di due.
2. L'uomo di Neanderthal è stato scoperto solo di recente. Del resto lo stesso Neanderthal non è che ci tenesse tanto a far sapere che stava con un uomo.
3. Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri; poi rubava ai poveri per dare ai ricchi; infine rubava ai Ricchi e Poveri per dare ai Matia Bazar.
4. Sono stato incarcerato per un reato d'opinione: io ero dell'opinione che emettere assegni a vuoto si potesse, la banca no.
5. Pipino detto il "Breve" sposò Ermengarda detta la "Delusa" e insieme misero al mondo Pipone detto il "Solitario". Poi ci fu un mescolamento nei Capetingi, quando Filippo il Bello sposò Berta il "Rospo" e nacque Baldovino il "Così Così". La dinastia si interruppe, infine, quando il principe longobardo Desiderio sposò la principessa Fulgenzia, detta "Non se ne parla proprio".
http://www.natalinobalasso.net/
29 settembre 2006
28 settembre 2006
Comprami, anzi votami
Cresce in America la tendenza a studiare le abitudini commerciali dei consumatori per individuare potenziali elettori. Basta osservare la tecnica di Dick Devos, in gara per la poltrona di governatore del Michigan.
Dick Devos è un repubblicano, conservatore, in lizza per la nomina a governatore del Michigan. E' lui a ritenere che se una persona guida una Chevrolet Suburban, quest'uomo sarà, probabilmente, anche un suo elettore. La sua convinzione affonda le radici nelle tecniche di marketing e persuasione usate da decenni dalle aziende americane per individuare i propri potenziali clienti. Il fine, però, non è più vendere un prodotto, ma un uomo politico e le sue idee. Sempre più campagne elettorali prevedono la collaborazione con aziende in grado di creare un database nel quale confluiscono i consumi, gli hobby e le preferenze mediatiche dei cittadini.
Una volta in possesso di queste informazioni, i politici possono individuare i propri supposti elettori e contattarli personalmente, chiamarli al telefono, inviare loro posta o e-mail, utilizzare ovvero tutte le tecniche del direct marketing, oppure mostrare loro dei pop up se visitano determinati siti web.I dati sui consumatori consentono di definire il Dna politico e sociale di una persona. Così un frequentatore di ristoranti viene catalogato come un individuo appartenente alla middle class che apprezza i valori della famiglia, della comunità e della coerenza. Oppure un cliente di WalMart tende a essere conservatore, a favore delle armi ed extraurbano, mentre un aquirente di Bloomingdale's è liberale e urbano. Affermazioni opinabili, che però hanno un riscontro di più che buona attendibilità.
http://www.ferpi.it/news_leggi.asp?ID=42921
Dick Devos è un repubblicano, conservatore, in lizza per la nomina a governatore del Michigan. E' lui a ritenere che se una persona guida una Chevrolet Suburban, quest'uomo sarà, probabilmente, anche un suo elettore. La sua convinzione affonda le radici nelle tecniche di marketing e persuasione usate da decenni dalle aziende americane per individuare i propri potenziali clienti. Il fine, però, non è più vendere un prodotto, ma un uomo politico e le sue idee. Sempre più campagne elettorali prevedono la collaborazione con aziende in grado di creare un database nel quale confluiscono i consumi, gli hobby e le preferenze mediatiche dei cittadini.
Una volta in possesso di queste informazioni, i politici possono individuare i propri supposti elettori e contattarli personalmente, chiamarli al telefono, inviare loro posta o e-mail, utilizzare ovvero tutte le tecniche del direct marketing, oppure mostrare loro dei pop up se visitano determinati siti web.I dati sui consumatori consentono di definire il Dna politico e sociale di una persona. Così un frequentatore di ristoranti viene catalogato come un individuo appartenente alla middle class che apprezza i valori della famiglia, della comunità e della coerenza. Oppure un cliente di WalMart tende a essere conservatore, a favore delle armi ed extraurbano, mentre un aquirente di Bloomingdale's è liberale e urbano. Affermazioni opinabili, che però hanno un riscontro di più che buona attendibilità.
http://www.ferpi.it/news_leggi.asp?ID=42921
27 settembre 2006
Le sfide della Supply Chain oggi: la gestione del rischio
Le sfide della Supply Chain oggi: la gestione del rischio
MIP Politecnico di Milano School of Management – 18 settembre 2006
“Le supply chain oggi sono sempre più esposte a rischi di vario genere”: così il Prof. Jim Rice del Center for Transportation and Logistics del MIT di Boston ha aperto il suo intervento al convegno organizzato da MIP Politecnico di Milano [al quale ho partecipato]. Infatti la globalizzazione ha fatto sì che sia i clienti sia i fornitori oggi siano sparsi per il mondo, il che implica maggiori distanze, attraversamento di frontiere, necessità di intermediari e operatori di vario tipo. Inoltre l’outsourcing ha reso le supply chain sempre più complesse, in quanto ha aumentato il numero di aziende coinvolte nella realizzazione e distribuzione di un prodotto. Infine, gli sforzi verso la riduzione delle scorte hanno reso le filiere più fragili, in quanto sempre più dipendenti da un corretto e puntuale funzionamento dell’intera catena. La cosa forse meno evidente, e per questo più preoccupante, è che oggi il rischio per un’azienda si può nascondere anche molto lontano: un imprevisto che colpisce un lontano subfornitore, una trasportatore o anche il distributore finale si possono trasformare in gravi perdite per tutti gli attori coinvolti nella supply chain.
Chiaramente i rischi più forti sono quelli che comportano gravi conseguenze, come un disastro naturale (si pensi all’uragano Katrina, allo Tsunami, ai terremoti), un attacco terroristico (l’11 settembre, Madrid, Londra, …), ma anche eventi “normali” come scioperi, blackout, scandali finanziari, aziende che falliscono, fino alle reazioni dei consumatori a minacce di epidemie, anche solo presunte, quali la mucca pazza e l’influenza aviaria. Ciascuno di questi eventi viene normalmente considerato come unico o molto raro, impossibile da prevedere, e quindi spesso siamo rassegnati a subirne le conseguenze senza poter far nulla. Il Prof. Rice ha fatto notare però che l’elenco degli eventi è talmente fitto che non è corretto definirli “eccezionali”: ogni anno si verificano numerosi “imprevisti” con gravi conseguenze sull’operatività delle supply chain. Se si osservano tali conseguenze, ci si accorge che, nonostante l’eterogeneità delle cause, gli effetti sono riconducibili a poche categorie (failure modes): interruzione dei trasporti e delle comunicazione, inagibilità delle struttura produttive, blocco delle forniture, riduzione della domanda, perdita di persone.
Fortunatamente il messaggio del Prof. Rice non si ferma qui: i rischi sono probabilmente maggiori rispetto a quanto siamo comunemente portati a pensare, ma è anche possibile fare qualcosa per proteggersi. In particolare vi sono due linee di azione complementari: da un lato cercare di ridurre la propria esposizione al rischio attraverso quella che Rice chiama Security (per dirla in termini medici, cercare un vaccino), dall’altro mitigare le conseguenze di un eventuale evento dannoso aumentando la Resilience, ovvero la capacità di reagire e ripristinare il normale funzionamento della supply chain (quindi una migliore cura). Proprio su quest’ultimo punto si concentra la seconda parte dell’intervento, per mostrare come alcune aziende, che in passato avevano subito gravi conseguenze a causa di eventi imprevisti, si siano attrezzate per mitigare le conseguenze di eventi futuri, e questo abbia in effetti permesso loro di reagire molto meglio quando tali eventi si sono realmente verificati.
Il primo strumento è la creazione di team e strutture aziendali dedicate al Business Continuity Planning, come fa ad esempio Intel, al fine di prevedere i possibili failure modes e pianificare una risposta. A questo si aggiunge il ripensamento della rete di clienti, fornitori e partner, al fine di aumentare la resilience attraverso la ridondanza (duplicazione di risorse) oppure con la flessibilità (intercambiabilità delle risorse, modularizzazione dei prodotti, standardizzazione dei processi, possibilità di trasporti alternativi). Infine, un elemento fondamentale è imparare dal passato, evitando di ripetere gli stessi errori (come purtroppo spesso succede). A questo scopo è fondamentale la formazione e l’addestramento a tutti i livelli, affinché la resilience diventi parte della cultura aziendale.
Fra i tanti esempi citati, Rice ricorda l’incendio avvenuto nel 2000 in uno stabilimento Philips dove si producevano componenti per telefoni cellulari utilizzati da Nokia e Ericsson. Nokia si accorse subito che, nonostante l’incendio fosse durato soltanto 10 minuti, lo stabilimento non sarebbe stato in grado di riprendere la produzione per parecchio tempo, facendo immediatamente pressione su Philips perché garantisse l’approvvigionamento da altri stabilimenti, adattando il proprio processo produttivo, e rivolgendosi anche ad altri fornitori, permettendo così di non rallentare la produzione di telefoni. Ericsson al contrario si accorse in ritardo del problema e non fu in grado di porvi rimedio, ritardando così la propria produzione e perdendo quote di mercato.
MIP Politecnico di Milano School of Management – 18 settembre 2006
“Le supply chain oggi sono sempre più esposte a rischi di vario genere”: così il Prof. Jim Rice del Center for Transportation and Logistics del MIT di Boston ha aperto il suo intervento al convegno organizzato da MIP Politecnico di Milano [al quale ho partecipato]. Infatti la globalizzazione ha fatto sì che sia i clienti sia i fornitori oggi siano sparsi per il mondo, il che implica maggiori distanze, attraversamento di frontiere, necessità di intermediari e operatori di vario tipo. Inoltre l’outsourcing ha reso le supply chain sempre più complesse, in quanto ha aumentato il numero di aziende coinvolte nella realizzazione e distribuzione di un prodotto. Infine, gli sforzi verso la riduzione delle scorte hanno reso le filiere più fragili, in quanto sempre più dipendenti da un corretto e puntuale funzionamento dell’intera catena. La cosa forse meno evidente, e per questo più preoccupante, è che oggi il rischio per un’azienda si può nascondere anche molto lontano: un imprevisto che colpisce un lontano subfornitore, una trasportatore o anche il distributore finale si possono trasformare in gravi perdite per tutti gli attori coinvolti nella supply chain.
Chiaramente i rischi più forti sono quelli che comportano gravi conseguenze, come un disastro naturale (si pensi all’uragano Katrina, allo Tsunami, ai terremoti), un attacco terroristico (l’11 settembre, Madrid, Londra, …), ma anche eventi “normali” come scioperi, blackout, scandali finanziari, aziende che falliscono, fino alle reazioni dei consumatori a minacce di epidemie, anche solo presunte, quali la mucca pazza e l’influenza aviaria. Ciascuno di questi eventi viene normalmente considerato come unico o molto raro, impossibile da prevedere, e quindi spesso siamo rassegnati a subirne le conseguenze senza poter far nulla. Il Prof. Rice ha fatto notare però che l’elenco degli eventi è talmente fitto che non è corretto definirli “eccezionali”: ogni anno si verificano numerosi “imprevisti” con gravi conseguenze sull’operatività delle supply chain. Se si osservano tali conseguenze, ci si accorge che, nonostante l’eterogeneità delle cause, gli effetti sono riconducibili a poche categorie (failure modes): interruzione dei trasporti e delle comunicazione, inagibilità delle struttura produttive, blocco delle forniture, riduzione della domanda, perdita di persone.
Fortunatamente il messaggio del Prof. Rice non si ferma qui: i rischi sono probabilmente maggiori rispetto a quanto siamo comunemente portati a pensare, ma è anche possibile fare qualcosa per proteggersi. In particolare vi sono due linee di azione complementari: da un lato cercare di ridurre la propria esposizione al rischio attraverso quella che Rice chiama Security (per dirla in termini medici, cercare un vaccino), dall’altro mitigare le conseguenze di un eventuale evento dannoso aumentando la Resilience, ovvero la capacità di reagire e ripristinare il normale funzionamento della supply chain (quindi una migliore cura). Proprio su quest’ultimo punto si concentra la seconda parte dell’intervento, per mostrare come alcune aziende, che in passato avevano subito gravi conseguenze a causa di eventi imprevisti, si siano attrezzate per mitigare le conseguenze di eventi futuri, e questo abbia in effetti permesso loro di reagire molto meglio quando tali eventi si sono realmente verificati.
Il primo strumento è la creazione di team e strutture aziendali dedicate al Business Continuity Planning, come fa ad esempio Intel, al fine di prevedere i possibili failure modes e pianificare una risposta. A questo si aggiunge il ripensamento della rete di clienti, fornitori e partner, al fine di aumentare la resilience attraverso la ridondanza (duplicazione di risorse) oppure con la flessibilità (intercambiabilità delle risorse, modularizzazione dei prodotti, standardizzazione dei processi, possibilità di trasporti alternativi). Infine, un elemento fondamentale è imparare dal passato, evitando di ripetere gli stessi errori (come purtroppo spesso succede). A questo scopo è fondamentale la formazione e l’addestramento a tutti i livelli, affinché la resilience diventi parte della cultura aziendale.
Fra i tanti esempi citati, Rice ricorda l’incendio avvenuto nel 2000 in uno stabilimento Philips dove si producevano componenti per telefoni cellulari utilizzati da Nokia e Ericsson. Nokia si accorse subito che, nonostante l’incendio fosse durato soltanto 10 minuti, lo stabilimento non sarebbe stato in grado di riprendere la produzione per parecchio tempo, facendo immediatamente pressione su Philips perché garantisse l’approvvigionamento da altri stabilimenti, adattando il proprio processo produttivo, e rivolgendosi anche ad altri fornitori, permettendo così di non rallentare la produzione di telefoni. Ericsson al contrario si accorse in ritardo del problema e non fu in grado di porvi rimedio, ritardando così la propria produzione e perdendo quote di mercato.
26 settembre 2006
Abbiamo perso anche questo crepuscolo (Pablo Neruda)
Abbiamo perso anche questo crepuscolo.
Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano
mentre la notte azzurra cadeva sul mondo.
Ho visto dalla mia finestra
la festa del tramonto sui monti lontani.
A volte, come una moneta
mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani.
Io ti ricordavo con l'anima oppressa
da quella tristezza che tu mi conosci.
Dove eri allora?
Tra quali genti?
Dicendo quali parole?
Perchè mi investirà tutto l'amore di colpo
quando mi sento triste e ti sento lontana?
E' caduto il libro che sempre si prende al crepuscolo
e come cane ferito il mantello mi si è accucciato tra i piedi.
Sempre, sempre ti allontani la sera
e vai dove il crepuscolo corre cancellando statue.
Pablo Neruda
Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano
mentre la notte azzurra cadeva sul mondo.
Ho visto dalla mia finestra
la festa del tramonto sui monti lontani.
A volte, come una moneta
mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani.
Io ti ricordavo con l'anima oppressa
da quella tristezza che tu mi conosci.
Dove eri allora?
Tra quali genti?
Dicendo quali parole?
Perchè mi investirà tutto l'amore di colpo
quando mi sento triste e ti sento lontana?
E' caduto il libro che sempre si prende al crepuscolo
e come cane ferito il mantello mi si è accucciato tra i piedi.
Sempre, sempre ti allontani la sera
e vai dove il crepuscolo corre cancellando statue.
Pablo Neruda
22 settembre 2006
E' oggi (Pablo Neruda)
E' oggi: tutto l'ieri andò cadendo
entro dita di luce e occhi di sogno,
domani arriverà con passi verdi:
nessuno arresta il fiume dell'aurora.
Nessuno arresta il fiume delle tue mani,
gli occhi dei tuoi sogni, beneamata,
sei tremito del tempo che trascorre
tra luce verticale e sole cupo,
e il cielo chiude su te le sue ali
portandoti, traendoti alle mie braccia
con puntuale, misteriosa cortesia.
Per questo canto il giorno e la luna,
il mare, il tempo, tutti i pianeti,
la tua voce diurna e la tua pelle notturna.
Pablo Neruda
http://www.carloz.it/neruda/
entro dita di luce e occhi di sogno,
domani arriverà con passi verdi:
nessuno arresta il fiume dell'aurora.
Nessuno arresta il fiume delle tue mani,
gli occhi dei tuoi sogni, beneamata,
sei tremito del tempo che trascorre
tra luce verticale e sole cupo,
e il cielo chiude su te le sue ali
portandoti, traendoti alle mie braccia
con puntuale, misteriosa cortesia.
Per questo canto il giorno e la luna,
il mare, il tempo, tutti i pianeti,
la tua voce diurna e la tua pelle notturna.
Pablo Neruda
http://www.carloz.it/neruda/
21 settembre 2006
20 settembre 2006
CENERENTOLA HA IL 54 DI SCARPA
In Cenerentola c’è qualcosa che non mi convince.
La favola dice che la poverina stava tutto il giorno a lavorare in casa.
Eppure quando va al ballo del principe, subito balla il valzer, il tango, e tutto il resto.
Dove aveva imparato a ballare? Aveva fatto un corso per corrispondenza? Oppure usciva tutti i sabato sera in discoteca, altroché stare in casa.
E come faceva la fata a avere le misure del suo vestito? E aveva proprio il piedino più piccolo di tutte le donne del reame? E come camminava? Secondo me aveva il 54 di scarpa, e il principe s’è innamorato per quello, gli piacevano le fette grandi. I principi sono strani.
E anche Hansel e Gretel non mi convincono. Una casa di cioccolata. E d’estate, quando ci sono quaranta gradi, non si squagliava? E il tetto di marzapane? Gli uccellini non lo mangiavano? E il cesso, di cosa era fatto?
Se Harry Potter è così bravo come mago, perché non va a fare qualcosa di utile in giro, invece di continuare a fare i miliardi coi film? Voglio il film: Harry Potter trova l’acqua in Africa.
I draghi sono i veri eroi. Stanno lì a fare la guardia alla bella principessa e al tesoro. Poi arriva l’eroe, tutto armato con una spada magica, e li uccide. Perché? Facevano solo il loro dovere. Se non ci fosse il drago, l’eroe sarebbe solo un avventuriero gradasso che va a caccia di tesori e principesse. Invece, uccidendo il drago, ha la scusa per fare bella figura. Il drago è un alibi. Fondiamo il Mddc, movimento difesa draghi custodi.
I cattivi dei film hanno sempre un piano segreto, ma non resistono e lo spifferano tutto all’eroe. Stessero un po’ zitti.
Non esistono lettori bambini. Esistono persone che iniziano a leggere. Se inizi a leggere a novant’anni, sei un lettore bambino.
Se sai scrivere e sei anche un po’ superbo e vanitoso, puoi fare lo scrittore. Se non sai scrivere e sei un po’ superbo e vanitoso puoi fare il critico. Se sai scrivere e dici di non essere superbo e vanitoso allora sei bugiardo e puoi fare il politico.
Einstein era ghiotto di gelati e studiava molta matematica. Un giorno si chiese: perché i gelati durano così poco e le lezioni di matematica durano così tanto? Studiò bene la cosa e scoprì il principio di relatività.
Se una persona ti dice che ha una faccia onesta, ma poi si trapianta i capelli, si fa il lifting e si trucca per andare in televisione, allora non è vero che ha la faccia onesta, se no che bisogno avrebbe di cambiarsela?
Tu non sai dove è il tuo gatto ma lui sa sempre dove sei tu.
Stefano Benni, tratto da Baribal del Gennaio 2006 (N° 3)
http://www.stefanobenni.it/
La favola dice che la poverina stava tutto il giorno a lavorare in casa.
Eppure quando va al ballo del principe, subito balla il valzer, il tango, e tutto il resto.
Dove aveva imparato a ballare? Aveva fatto un corso per corrispondenza? Oppure usciva tutti i sabato sera in discoteca, altroché stare in casa.
E come faceva la fata a avere le misure del suo vestito? E aveva proprio il piedino più piccolo di tutte le donne del reame? E come camminava? Secondo me aveva il 54 di scarpa, e il principe s’è innamorato per quello, gli piacevano le fette grandi. I principi sono strani.
E anche Hansel e Gretel non mi convincono. Una casa di cioccolata. E d’estate, quando ci sono quaranta gradi, non si squagliava? E il tetto di marzapane? Gli uccellini non lo mangiavano? E il cesso, di cosa era fatto?
Se Harry Potter è così bravo come mago, perché non va a fare qualcosa di utile in giro, invece di continuare a fare i miliardi coi film? Voglio il film: Harry Potter trova l’acqua in Africa.
I draghi sono i veri eroi. Stanno lì a fare la guardia alla bella principessa e al tesoro. Poi arriva l’eroe, tutto armato con una spada magica, e li uccide. Perché? Facevano solo il loro dovere. Se non ci fosse il drago, l’eroe sarebbe solo un avventuriero gradasso che va a caccia di tesori e principesse. Invece, uccidendo il drago, ha la scusa per fare bella figura. Il drago è un alibi. Fondiamo il Mddc, movimento difesa draghi custodi.
I cattivi dei film hanno sempre un piano segreto, ma non resistono e lo spifferano tutto all’eroe. Stessero un po’ zitti.
Non esistono lettori bambini. Esistono persone che iniziano a leggere. Se inizi a leggere a novant’anni, sei un lettore bambino.
Se sai scrivere e sei anche un po’ superbo e vanitoso, puoi fare lo scrittore. Se non sai scrivere e sei un po’ superbo e vanitoso puoi fare il critico. Se sai scrivere e dici di non essere superbo e vanitoso allora sei bugiardo e puoi fare il politico.
Einstein era ghiotto di gelati e studiava molta matematica. Un giorno si chiese: perché i gelati durano così poco e le lezioni di matematica durano così tanto? Studiò bene la cosa e scoprì il principio di relatività.
Se una persona ti dice che ha una faccia onesta, ma poi si trapianta i capelli, si fa il lifting e si trucca per andare in televisione, allora non è vero che ha la faccia onesta, se no che bisogno avrebbe di cambiarsela?
Tu non sai dove è il tuo gatto ma lui sa sempre dove sei tu.
Stefano Benni, tratto da Baribal del Gennaio 2006 (N° 3)
http://www.stefanobenni.it/
19 settembre 2006
15 settembre 2006
14 settembre 2006
La Talpa, nuova arma talebana
I reality-show sono trasmissioni commissionate dai fondamentalisti islamici per dimostrare l'inferiorità degli occidentali.
Si vedono adulti seminudi che corrono nella melma bestemmiando, ragazze che collassano abbattute dagli idranti, prove iniziatiche a base di scarafaggi nelle mutande, umiliazioni e crisi isteriche in pubblico. È lo spettacolo di un'umanità degradata, che non ha più vergogna neanche di farsi fare un primo piano del culo mentre peta, anzi lo considera il momento più adatto per salutare la mamma a casa. Vedere i concorrenti di un reality-show e pensare che l'estinzione della nostra civiltà sia inevitabile, e forse anche giusta, è tutt'uno.La vera natura dei reality-show è dunque questa: pura propaganda araba. Si tratta di odiose trasmissioni commissionate dalle centrali del fondamentalismo islamico per dimostrare l'inferiorità degli occidentali: bastano cinque minuti della 'Talpa' per desiderare intensamente lo sterminio dei concorrenti, della troupe, degli autori e degli sponsor. (...)
Tratto da L'Espresso - Satira Preventiva - di Michele Serra, 9/9/2006
Si vedono adulti seminudi che corrono nella melma bestemmiando, ragazze che collassano abbattute dagli idranti, prove iniziatiche a base di scarafaggi nelle mutande, umiliazioni e crisi isteriche in pubblico. È lo spettacolo di un'umanità degradata, che non ha più vergogna neanche di farsi fare un primo piano del culo mentre peta, anzi lo considera il momento più adatto per salutare la mamma a casa. Vedere i concorrenti di un reality-show e pensare che l'estinzione della nostra civiltà sia inevitabile, e forse anche giusta, è tutt'uno.La vera natura dei reality-show è dunque questa: pura propaganda araba. Si tratta di odiose trasmissioni commissionate dalle centrali del fondamentalismo islamico per dimostrare l'inferiorità degli occidentali: bastano cinque minuti della 'Talpa' per desiderare intensamente lo sterminio dei concorrenti, della troupe, degli autori e degli sponsor. (...)
Tratto da L'Espresso - Satira Preventiva - di Michele Serra, 9/9/2006
13 settembre 2006
LE MIE NOTTI (Dacia Maraini)
Le mie notti all’arancia amara
Erano abitate da goffe balene bianche e serpenti volanti
Conoscevo il dondolio delle tende color latte
Ho piantato un nespolo nella ciotola del cane morto
Ne è venuto fuori un alberello storto
e arrabbiato
Che chiamerò estinzione
Le mie notti al gelsomino dolce
Com’erano salde quelle ali e liquide quelle memorie
Nella lontana isola feroce dove ogni mattina
Mi svegliavo più alta e più allegra di una spanna
Le mie notti alla valeriana
Sono diventate buie e sfrontate
E per quanto vada posando la testa su cuscini piumati
In città rovesciate
Dentro stanze sconosciute
Non faccio più sogni di balene
Le mie notti al diazepan mi stanno strette di spalle
Ma come chiamerò quella rondine
Che si porta nel becco la mia vita?
Erano abitate da goffe balene bianche e serpenti volanti
Conoscevo il dondolio delle tende color latte
Ho piantato un nespolo nella ciotola del cane morto
Ne è venuto fuori un alberello storto
e arrabbiato
Che chiamerò estinzione
Le mie notti al gelsomino dolce
Com’erano salde quelle ali e liquide quelle memorie
Nella lontana isola feroce dove ogni mattina
Mi svegliavo più alta e più allegra di una spanna
Le mie notti alla valeriana
Sono diventate buie e sfrontate
E per quanto vada posando la testa su cuscini piumati
In città rovesciate
Dentro stanze sconosciute
Non faccio più sogni di balene
Le mie notti al diazepan mi stanno strette di spalle
Ma come chiamerò quella rondine
Che si porta nel becco la mia vita?
11 settembre 2006
07 settembre 2006
Alba (Claudio Ciaci?)
Alba
E' l'alba.
La notte scolora nelle dolci
luci dell'aurora.
Il mondo appare.
Tu no, amore mio,
rimani nascosta nei meandri
della mia mente
che piano
si perde in te.
Da http://www.la-poesia.it/index.htm
E' l'alba.
La notte scolora nelle dolci
luci dell'aurora.
Il mondo appare.
Tu no, amore mio,
rimani nascosta nei meandri
della mia mente
che piano
si perde in te.
Da http://www.la-poesia.it/index.htm
05 settembre 2006
01 settembre 2006
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