24 gennaio 2008

Buon Compleanno, Costituzione

In questo momento di "acuta crisi e incertezza, la Costituzione resta un grande quadro di riferimento unitario per i cittadini". Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parlando a Montecitorio davanti alle Camere riunite per l'inizio delle celebrazioni dei 60 anni della Carta costituzionale.
Che ne è dei valori che ispirarono gli uomini, usciti dalla guerra di liberazione, che contribuirono alla sua redazione?
A rileggere oggi i primi quattro articoli, i dubbi, anziché sparirmi, si amplificano.

Art. 1
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Ho evidenziato le quattro frasi che mi suscitano maggiori perplessità.
1. Come può il popolo esercitare la propria sovranità attraverso una classe politica marcia e corrotta, incapace di pensare ad altro che ai propri interessi? Abbiamo davvero i politici che ci meritiamo?
2. Ma quali diritti inviolabili dell'uomo, in un paese dove la chiesa è in grado di influenzare i politici al punto da far promulgare una legge (quella sulla fecondazione assistita) che spinge quelli che hanno soldi ad andare a farsi assistere all'estero, quelli che non li hanno ad intraprendere una trafila molto più lunga e dolorosa del necessario (per i fallimenti più numerosi che comporta) oppure a rinunciare ad averne, quelli che hanno gravi malattie genetiche a farsi comunque impiantare un embrione che, una volta fecondato, se con l'amniocentesi risulterà essere affetto dalla stessa malattia genetica, probabilmente sarà abortito?
3. Ma quali cittadini uguali davanti alla legge: non diciamo stupidate, la realtà è davanti agli occhi di tutti.
4. Diritto al lavoro? Ma quale lavoro? Lavoro precario, che ti toglie ogni voglia di pensare al futuro, che ti sottrae persino la dignità di pensare che la cosa più importante sia dare il massimo per realizzare te stesso attraverso di esso, perché tanto non cambia nulla.

Mi rendo conto che sia molto più facile esercitare il diritto di critica che adoperarsi attivamente perché le cose cambino. Però io non ci credo più, che le cose possano cambiare. Ecco la differenza principale tra me e mio padre, partigiano in Val d'Ossola a 17 anni.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma come si fa a fondare una Nazione sul Lavoro! Dovrebbe essere fondata sulla felicità.

Alessandro ha detto...

Sottoscrivo...
E comunque: "La felicità esiste, ne ho sentito parlare" (Salvatore Guglielmino)