Talvolta l’approssimarsi del baratro può essere percepito abbastanza distintamente; nondimeno il procedere può apparire necessario, la caduta ineluttabile, l’atterraggio incerto.
Cosa spinge una persona relativamente sana di mente ad incamminarsi verso il vuoto… Cito a memoria (il che , devo ammettere, non offre grandi garanzie) qualcuno degli esempi che mi vengono in mente, così, senza pensarci tanto.
La passione: l’Orimbelli de “La stanza del vescovo” di Chiara.
L’ambizione: il Grenouille de “Il profumo” di Süskind.
La noia: l’Aschenbach de “La morte a Venezia” di Mann.
Tutti esempi che finiscono male, notato?
Vorrei aggiungere anche la solitudine, ma non mi viene in mente alcun esempio.
Buona settimana?
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