Prendo ad esempio i figli solo perché il ragionare in astratto mi sembra più facile. Loro sono stati, per un attimo solo, cellule delle mie cellule, dalle quali si sono distaccati per formarsi pienamente come individui completi a se stessi. Da subito hanno cominciato ad essere un mistero per me che li amavo e li amo infinitamente. Perché piangevano o mi sorridevano, cosa li spingeva e li spinge ad amarmi o ad essere in disaccordo con me? Cosa rimarrà loro degli insegnamenti che cerco di trasmettergli con tutta la mia passione? Non lo so. Sono così cresciuti che stento a volte a riconoscere nel loro ragionare di ragazzi gli stessi bimbi che ho visto nascere e tenuto tra le braccia fin dai primi respiri.
Se cominciamo a parlare di fratelli compagne amici, poi, il mistero si fa ancora più fitto e mi trovo a domandarmi se la nostra natura umana ci permetta davvero di arrivare a conoscere i nostri simili e persino noi stessi. Non lo so. Sono così cresciuto anch’io che stento a riconoscermi rispetto al bambino che ero, del quale stento perfino a ricordarmi. Cosa desideravo quand’ero piccolo? Cosa volevo diventare? È tanto diverso da quello che sono diventato? Cosa ha influito sul mio percorso di crescita? Perché ero e sono così arrabbiato con i miei genitori? Devo fare pace con me stesso, prima ancora che con il resto del mondo, oppure tutto sommato non sono poi così male in arnese?
Vorrei una fonte alla quale estinguere la mia sete di sapere senza più indugi.

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