Stasera ho visto alla tele “Alta fedeltà”, un film tratto da un romanzo di Nick Hornby che non conoscevo, girato nel 2000 per la regia di Steven Frears (quello delle “Liaison dangereuses” e altri, mi pare). Protagonista un John Cusack in grande spolvero (dicono così, non è vero? Eppure non sono mai riuscito a capire cosa diavolo significhi...), diciamo in gran forma.
È la prima volta che lo vedo recitare nello stesso film con la sorella Joan, per la quale vado matto (geniale come segretaria sarcastica di Antonio Banderas in “Two much” del ‘95, il film che mise insieme il bell’Antonio con l’ex stupenda Melanie Griffith (peccato sia invecchiata così male...), film nel quale - per inciso - era comprimaria una Daryl Hannah davvero stupenda (anche se mai come nel video che girò credo nel 2002 per “Feel” di Robbie Williams, in cui appare un po’ meno giovane ma più bella che mai). E con questo, direi che con le divagazioni siamo a posto, anche se non prometto niente.
Nel film recitano anche Catherine Zeta-Jones, Tim Robbins e un ottimo Jack Black, allora ancora poco noto. Cast di tutto rispetto per una storia di amori finiti, o forse no. Conto di scriverne con un po’ più di cognizione di causa dopo essermi documentato meglio. Comunque il film mi è molto piaciuto e soprattutto mi ha fatto pensare.
Lungo tutto l’arco del film il protagonista continua a stilare classifiche delle 5 cose più importanti o più belle che gli vengono in mente su un certo argomento: soprattutto si tratta di brani musicali (la colonna sonora è pazzesca), ma anche di ex donne della vita che, un po’ come in “Broken flowers”, il protagonista cerca di ricontattare nel pieno di una bella crisi esistenziale, solo per scoprire che non sono come se le ricordava e che in fondo è meglio rimettersi con l’ultima nel tempo, che “almeno” lo ama (e poi la ama anche lui, è solo che ci mette un po’ a capirlo), e mettere finalmente la testa a posto.
Un’altra delle cose che fa più volte nel corso del film è registrare delle compilation di brani musicali, da offrire alle compagne, attuali o potenziali, che attraversano la sua vita.
I temi che mi hanno colpito e/o fatto pensare sono:
1. è possibile che esista una forma di comunicazione efficace tra un uomo e una donna? È possibile instaurare un rapporto equilibrato con la propria compagna/ il proprio compagno, che consenta di vivere insieme con un po’ di armonia?
2. è possibile stilare una classifica delle 5 cose più importanti della vita? I cinque momenti, le cinque compagne, i cinque dischi, i cinque libri e così via?
Comincio dal secondo punto, sul quale peraltro si è espresso anche Woody Allen in “Manhattan” (per chi se lo ricorda, enumerava le cose per cui vale la pena di vivere, tra le quali alcuni brani musicali - sia di classica che jazz -, New York e lo sguardo della giovane fidanzata, perduta).
Le classifiche sono sempre ingiuste, secondo me lo sono per definizione, perché dipendono troppo dalle condizioni “storiche”, dal contesto nel quale vengono stilate. Però mi interessano, anche perché mi aiutano a capirmi e a comprendere come cambio e sono cambiato nel corso del tempo, insieme alle mie classifiche. Sul PC ne ho 3, di compilation.
La prima è di musica “dance” e include 100 pezzi, tutti di roba che si balla, dalla Donna Summer di “Hot stuff/Bad girl” allo Zucchero di “Baila”, passando per gli ABBA, Barry White, gli Chic e gli Earth Wind & Fire, Grace Jones e Madonna, Patrick Hernandez e Rick Astley, i Righeira e gli Sugarhill Gang, Terence Trent D'Arby, The Trammps e i Village People, giusto per citare solo i primi 15, adatti a posizionarmi correttamente ai bordi dell’era moderna... È la compilation che uso più spesso quando devo lavorare tardi la sera, dopo che i bimbi sono andati a dormire, il che non è che mi capiti tanto di rado.
La seconda comprende quelli che una volta si chiamavano i “lenti” e qui i pezzi sono 120 (che volete, evidentemente mi piace struggermi), dall’Al Jarreau di “Your song” di nuovo fino allo Zucchero di “Diamante”, passando per i Bee Gees, Carole King, Cat Stevens, i Chicago, Celine Dion, i Culture Club, gli Eagles, De Andrè, De Gregori, Nannini, Fossati, James Taylor, KC & The Sunshine Band, Keith Carradine, Le Orme, Ligabue, Lucio Battisti, Lucio Dalla, Mia Martini, Mina, Nina Simone, i Nirvana, Paolo Conte, Riccardo Cocciante, Sade, i Supertramp, The Style Council feat. Tracey Thorn, Vasco, solo per citare i primi 30. La sento meno spesso, serve un umore piuttosto solare, che quello no, non è che capiti tanto spesso in questo periodo.
La terza è una compilation di “jazz”, che in realtà comprende anche parecchio “swing”, dalla Billie Holiday di “Blue moon” ai The Manhattan Transfer di “Four brothers”, passando per Diana Krall, Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Frank Sinatra, Louis Armstrong, Michael Bublé, Natalie Cole, Ray Charles, e mi fermo a 10. Mi piace perché è allegra. La sento spesso quando sono in ufficio, mi aiuta a concentrarmi, a dare un ritmo a quello che sto facendo e a ricordarmi quanto sono fortunato a poter fare quello che faccio, quasi sempre.
In queste compilation c’è tutto quello che c’è da sapere di me, c’è il mio passato, il mio presente, il mio futuro, quello che sono stato, che sono, che sarò. Per ogni brano c’è una storia, e forse un giorno me ne ricorderò abbastanza nitidamente e avrò tempo di raccontarla, chissà.
Ora è davvero tardi, sto ascoltando in cuffia col volume a palla “With you I’m born again”, Billy Preston (buonanima) e Syreeta (ex moglie di Stevie Wonder), davvero pazzeschi insieme, davvero troppo per me a quest'ora.
Meglio andare a dormire, il divano mi aspetta. Sogni d’oro, o magari anche no.
Ah, per quanto riguarda il primo punto, credo proprio che la risposta sia no.
To be continued.
22 febbraio 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento