Il medium che fa registrare gli incrementi pubblicitari più sostenuti è certamente Internet. Incrementi, anche se i valori assoluti sono ancora complessivamente modesti, che superano il 30% l'anno. Il fatto che, recentemente, Microsoft e Google abbiano acquistato AQuantive e Double Click, due grandi protagonisti del mercato pubblicitario in Rete pagandoli un'enormità, la dice davvero lunga sulle previsioni di sviluppo.
Il numero di utenti e il tempo trascorso in Rete sono destinati ad aumentare anche per i progressi tecnologici (la banda larga) e i terminali multifunzione con ritmi quasi esponenziali. Che in Italia un Paese che non è certo all'avanguardia nell'on line 19 milioni di individui abbiano ormai l'accesso ad Internet sembra ulteriormente certificare che il budget pubblicitario in Rete è davvero ben speso. So che è il mio è un punto di vista impopolare: non ne sarei tanto sicuro.
Che ad Internet sia da accreditare una sorta di positiva rivoluzione nel mondo del consumo, che rappresenti una fonte di acculturazione agli acquisti di prima grandezza i cui effetti permangono poi anche off line è più che certo. Ma ciò non significa che anche la pubblicità che veicola fruisca dello stesso favore.
Parlare di pubblicità in Rete non è certo agevole stante l'eterogeneità dei format: occorre dare quindi per scontata, cercando di valutarla nel suo assieme, una certa dose di approssimazione. Vi sono molte evidenze che, a meno che non sia l'utente a cercarla o che drammatizzi il ricorso a linguaggi tipici di questo medium tra trasgressione e ironia, l'inaspettato e lo stupore , la pubblicità in Rete viene guardata con un crescendo di insofferenza.
Perché gli internauti, che pure hanno un atteggiamento laico nei confronti della pubblicità, non l'amano affatto a casa loro. Internet, per gran parte del suo pubblico, è potersi muovere liberamente in Rete senza vincoli e senza costrizioni. Un'insofferenza anche motivata dalla diffusione dello spamming, in genere a contenuto pornografico. E' tutto un susseguirsi, nelle mail che ci vengono inviate nostro malgrado, di vogliose vergini russe, trasgressive casalinghe del Vermont, cure per il "penis enlargement" (resta sempre il sospetto di un vendicativo passaparola di una ex fidanzata), Viagra taroccato a prezzi discount e proposte truffaldine. Anche i banner sulle home page, che continuano a strizzare l'occhio con l'invito a trovare un amico/a la foto li raffigura come assai attraenti e in attesa sono considerati ormai offensivi dal pubblico evoluto della Rete. La pubblicità, anche quella fatta a misura di Internet, deve tenere conto di questo diffuso stato d'animo.
Qualche anno fa Roberto Grandi titolava un bel saggio sulla pubblicità "L'intruso cortese"; ebbene oggi la percezione dell'intrusione permane nessuno l'ha invitata ma è divenuta anche scortese. Perché spunta fuori dappertutto: per quasi ogni download il prezzo da pagare ma non è mai stato stipulato un contratto in tal senso è la comparsa di una fastidiosa pubblicità. Una pubblicità maleducata quindi.Che non fa i conti con il fatto che muoversi in Internet è quasi sempre all'insegna della semplificazione della vita, del risparmio di tempo, cercando di velocizzare al massimo i propri percorsi e di contrastare con il blocco non sempre risolutivo dei pop up non desiderate incursioni. L'individuo che spaziava curioso e dimentico del tempo nello sconfinato cyberspazio forse è esistito nei mitici albori di Internet: adesso è merce rara. Nonostante il clamore mediatico su nuovi siti, sono meno di quindici quelli in cui ci si reca con una qualche frequenza.
La realtà è di un nomade competente e frettoloso che usa Internet anche per un migliore impiego del suo tempo. Un esempio per tutti: Repubblica, ed altri giornali a grande tiratura, hanno ormai un pubblico nell'edizione on line superiore a quella cartacea. Ma il tempo che si dedica all'edizione on line, nelle sette/otto visite al mese, è di poco più di tre minuti. Quindici volte meno del tempo dedicato, in un giorno, all'edizione a stampa.
La pubblicità on line mutua ancora lo straordinario fascino del mezzo che lo supporta ma questa non ricambia il favore e non fa certo un buon servizio ad Internet. Ben diverso quando, mettendo a sistema la impressionante mole di dati che i motori di ricerca dispongono, verrà offerta una pubblicità coerente ai propri gusti, aspettative e stile di vita. Ma vi è una sostanziale ambivalenza in ciò: perché l'utente di Internet vede con crescente apprensione proprio questa "schedatura" che considera come una inammissibile violazione della sua privacy. Forse una reale netiquette per la pubblicità on line potrà cambiare anche radicalmente il crescendo di diffidenza nei suoi confronti. Consentendo la disponibilità e la facile reperibilità di quelle pubblicità che si ricercano attivamente perché interessano.
Giampaolo Fabris, da La Repubblica
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