Formidabile.
Assolutamente magnifico.
Emozionante.
Informazioni http://www.milanocastello.it/ita/percorsi.html
31 agosto 2006
30 agosto 2006
Una mostra da non perdere: Tamara de Lempicka a Milano
A Palazzo Reale 70 opere a 80 anni dalla sua prima personale.
Icona dell'Art Deco, torna a Milano Tamara de Lempicka in una grande retrospettiva che Palazzo Reale le dedica dal 5 ottobre al 14 gennaio. In mostra una settantina di opere dell'artista polacca: la rassegna ripercorre l'intera carriera dell'artista, dagli esordi parigini ai celeberrimi ritratti. La mostra ha un particolare significato, perché proprio a Milano, nella galleria del conte Emanuele Castelbarco, Bottega di Poesia, che era situata in via Montenapoleone 14, avvenne la prima mostra personale di Tamara de Lempicka, nel 1925. A distanza di ottant’anni, Milano ripropone l’infinito fascino del lavoro e delle idee di Tamara alle nuove generazioni di visitatori.
Pittrice cosmopolita e icona dell’Art Déco, Tamara de Lempicka ha creato immagini che sono diventate il simbolo di un’epoca, “i folli” anni Venti e Trenta di cui diventa la più brillante interprete, introducendo nei suoi dipinti i simboli della modernità e rappresentando la donna emancipata, libera, indipendente e trasgressiva.
Considerando la vita come un’opera d’arte e sostenuta da una volontà ferrea di affermazione, Tamara coltiva il suo talento artistico, ma anche costruisce con cura la propria immagine di donna elegante e sofisticata, divenendo presto la protagonista stravagante della mondanità europea. La mostra Tamara de Lempicka ripercorre la carriera di questa affascinante artista polacca che visse in Russia, a Parigi, in Italia, per approdare poi negli Stati Uniti e passare gli ultimi anni della sua vita in Messico. Attraverso una meditata scelta di opere pittoriche, ma anche di disegni, documenti, fotografie, immagini di repertorio, viene ricreata l’atmosfera del tempo, i grandi eventi storici, ma anche le tendenze dell’arte a lei contemporanea, in un percorso che consente al visitatore di immergersi e di immedesimarsi nel mondo e nella vita dell’artista, piena di “glamour” ma segnata anche dai grandi eventi storici del Novecento.
Mantenendo costante il parallelismo tra la vita e l’opera di Tamara, la mostra si apre evidenziando il momento della fuga dell’artista dalla Russia all’Europa. Tamara, già sposa di Tadeusz Lempicki, lascia San Pietroburgo sotto l’assedio bolscevico, e inizia una nuova vita a Parigi. Memore dell’arte russa di ispirazione cubista, allieva a Parigi di André Lhote, Tamara de Lempicka si presenta al mondo parigino esponendo già nel 1922. Tra i suoi primi ritratti, sono in mostra quello dedicato alla figlia Kizette, Portrait d’une fillette avec son ourson (1922), La bohémienne (1923), Danseuse russe (1923-1924). Appare già padrona del suo stile personale, caratterizzato da una forte deformazione e tendenza all’ingigantimento dei volumi, nel ritratto Femme à la robe noire (1923).
Il vero successo e il lancio internazionale avviene con la personale di Milano del 1925, presso la galleria del conte Castelbarco, ricostruita in mostra con alcuni esempi significativi, tra cui Portrait du Price Eristoff (1925), Portrait du Marquis d’Affitto (1925), Portrait de la Duchesse de la Salle (1925), Les deux fillettes aux rubans (1925). La figura di Castelbarco, importante uomo di cultura della Milano degli anni Venti, marito di Wally Toscanini (figlia di Arturo), e la sua attività di editore e gallerista è oggetto in mostra di una sezione che ne documenta l’attività, e il rapporto con Gabriele D’Annunzio, l’uomo che Tamara rifiutò durante un burrascoso soggiorno al Vittoriale.
Il legame della Lempicka con il nostro paese aveva peraltro origini lontane, quando nel 1911, ancora fanciulla, visita i musei di Firenze, Roma, Venezia; nasce da allora la passione per l’arte italiana, in particolare per Botticelli, Raffaello e Pontormo, da cui riprende numerosi studi: disegni e schizzi di figure riutilizzate spesso in modo evidente in molte sue opere, alcuni dei quali esposti in questa mostra. Ma l’Italia è anche la scena di molti suoi amori: dal marchese Guido Sommi, del quale è in mostra un ritratto a figura intera mai esposto prima d’ora, al conte veneziano Vettor Marcello, ritratto nel 1933, a Gino Puglisi, importante collezionista di Tamara, al quale apparteneva la Vierge bleue, mai più esposta dal 1934, quando venne presentata al Salon des Tuileries.
Sono poi presenti alcuni dei suoi famosi ritratti e nudi degli anni del suo massimo successo, tra cui La tunique rose (1927), Le rêve (1927), La belle Rafaela en vert (1927), Jeune fille aux gants (1930), acquistato dallo Stato francese già nel 1932, La musicienne (1929), Nu aux buildings (1929), Le téléphone 2 (1930), Nu aux voilers (1931), Arlette Boucard aux arums (1931), Portrait de Marjorie Ferry (1932), Portrait de Mademoiselle Poum Rachou (1934): ritratti unici nella geniale rappresentazione della società mondana durante gli anni tra le due guerre.
Sono opere che raffigurano tutto ciò che era considerato glamour e che rappresentava “il nuovo”: il telefono, le vedute urbane con grattacieli, le barche a vela dei lussuosi luoghi di villeggiatura. Le donne esprimono una sicurezza gelida e perfetta: le labbra con rossetto rosso profondo e prezioso, le mani immacolate, le braccia ricoperte da gioielli sfavillanti e gli sguardi sicuri e sfidanti, immagini vicine all’artificio e al perfezionismo della fotografia di moda. L’artista sviluppa in queste opere quella che definisce “visione amorosa”, ovvero una visione deformata dai sentimenti che la pittrice prova per una persona o per un oggetto. Nei suoi quadri, le figure quasi esplodono e tendono a fuoriuscire dalla tela, a pretendere una solidità che si contrappone all’effimero dei sentimenti; e l’artista ha dichiarato di aver quasi sempre ritratto gli uomini e le donne che ha amato. Le immagini oscillano così tra raffinata sensualità e gelido classicismo.
Ma l’affermarsi delle dittature in Europa e la paura delle persecuzioni razziali (il padre di Tamara era ebreo, così come il suo secondo marito, il barone Raoul Kuffner), la fanno decidere nel 1939 per un nuovo espatrio, prima a Cuba e poi negli Stati Uniti, dove vive per un periodo in California, a Hollywood, e poi a New York. Sono gli anni in cui realizza opere dal carattere meditativo e dallo stile iperrealista: Atelier à la campagne (1941), Le turban orange II (1945), La Mexicaine (1947), Portrait de Kizette adulte I (1954), Femme au chapeau (1952), e le nature morte ispirate all’arte fiamminga.
Il mito di Tamara, “donna moderna” per eccellenza e dai comportamenti sessuali che precorrono quelli della cosiddetta generazione BI (bisex) della Hollywood dei nostri tempi, si afferma dopo la sua scomparsa, negli anni Ottanta, con un collezionismo d’élite dai nomi famosi: da Barbra Streisand a Jack Nicholson, da Madonna a Donna Karan e Wolfgang Joop. Citazioni delle sue opere e del suo stile si trovano nel cinema, nella fiction televisiva, nella pubblicità (basti ricordare la campagna Campari del 1997, Red Passion) e ancora oggi il suo personaggio e le sue opere affascinano e seducono.
Icona dell'Art Deco, torna a Milano Tamara de Lempicka in una grande retrospettiva che Palazzo Reale le dedica dal 5 ottobre al 14 gennaio. In mostra una settantina di opere dell'artista polacca: la rassegna ripercorre l'intera carriera dell'artista, dagli esordi parigini ai celeberrimi ritratti. La mostra ha un particolare significato, perché proprio a Milano, nella galleria del conte Emanuele Castelbarco, Bottega di Poesia, che era situata in via Montenapoleone 14, avvenne la prima mostra personale di Tamara de Lempicka, nel 1925. A distanza di ottant’anni, Milano ripropone l’infinito fascino del lavoro e delle idee di Tamara alle nuove generazioni di visitatori.
Pittrice cosmopolita e icona dell’Art Déco, Tamara de Lempicka ha creato immagini che sono diventate il simbolo di un’epoca, “i folli” anni Venti e Trenta di cui diventa la più brillante interprete, introducendo nei suoi dipinti i simboli della modernità e rappresentando la donna emancipata, libera, indipendente e trasgressiva.
Considerando la vita come un’opera d’arte e sostenuta da una volontà ferrea di affermazione, Tamara coltiva il suo talento artistico, ma anche costruisce con cura la propria immagine di donna elegante e sofisticata, divenendo presto la protagonista stravagante della mondanità europea. La mostra Tamara de Lempicka ripercorre la carriera di questa affascinante artista polacca che visse in Russia, a Parigi, in Italia, per approdare poi negli Stati Uniti e passare gli ultimi anni della sua vita in Messico. Attraverso una meditata scelta di opere pittoriche, ma anche di disegni, documenti, fotografie, immagini di repertorio, viene ricreata l’atmosfera del tempo, i grandi eventi storici, ma anche le tendenze dell’arte a lei contemporanea, in un percorso che consente al visitatore di immergersi e di immedesimarsi nel mondo e nella vita dell’artista, piena di “glamour” ma segnata anche dai grandi eventi storici del Novecento.
Mantenendo costante il parallelismo tra la vita e l’opera di Tamara, la mostra si apre evidenziando il momento della fuga dell’artista dalla Russia all’Europa. Tamara, già sposa di Tadeusz Lempicki, lascia San Pietroburgo sotto l’assedio bolscevico, e inizia una nuova vita a Parigi. Memore dell’arte russa di ispirazione cubista, allieva a Parigi di André Lhote, Tamara de Lempicka si presenta al mondo parigino esponendo già nel 1922. Tra i suoi primi ritratti, sono in mostra quello dedicato alla figlia Kizette, Portrait d’une fillette avec son ourson (1922), La bohémienne (1923), Danseuse russe (1923-1924). Appare già padrona del suo stile personale, caratterizzato da una forte deformazione e tendenza all’ingigantimento dei volumi, nel ritratto Femme à la robe noire (1923).
Il vero successo e il lancio internazionale avviene con la personale di Milano del 1925, presso la galleria del conte Castelbarco, ricostruita in mostra con alcuni esempi significativi, tra cui Portrait du Price Eristoff (1925), Portrait du Marquis d’Affitto (1925), Portrait de la Duchesse de la Salle (1925), Les deux fillettes aux rubans (1925). La figura di Castelbarco, importante uomo di cultura della Milano degli anni Venti, marito di Wally Toscanini (figlia di Arturo), e la sua attività di editore e gallerista è oggetto in mostra di una sezione che ne documenta l’attività, e il rapporto con Gabriele D’Annunzio, l’uomo che Tamara rifiutò durante un burrascoso soggiorno al Vittoriale.
Il legame della Lempicka con il nostro paese aveva peraltro origini lontane, quando nel 1911, ancora fanciulla, visita i musei di Firenze, Roma, Venezia; nasce da allora la passione per l’arte italiana, in particolare per Botticelli, Raffaello e Pontormo, da cui riprende numerosi studi: disegni e schizzi di figure riutilizzate spesso in modo evidente in molte sue opere, alcuni dei quali esposti in questa mostra. Ma l’Italia è anche la scena di molti suoi amori: dal marchese Guido Sommi, del quale è in mostra un ritratto a figura intera mai esposto prima d’ora, al conte veneziano Vettor Marcello, ritratto nel 1933, a Gino Puglisi, importante collezionista di Tamara, al quale apparteneva la Vierge bleue, mai più esposta dal 1934, quando venne presentata al Salon des Tuileries.
Sono poi presenti alcuni dei suoi famosi ritratti e nudi degli anni del suo massimo successo, tra cui La tunique rose (1927), Le rêve (1927), La belle Rafaela en vert (1927), Jeune fille aux gants (1930), acquistato dallo Stato francese già nel 1932, La musicienne (1929), Nu aux buildings (1929), Le téléphone 2 (1930), Nu aux voilers (1931), Arlette Boucard aux arums (1931), Portrait de Marjorie Ferry (1932), Portrait de Mademoiselle Poum Rachou (1934): ritratti unici nella geniale rappresentazione della società mondana durante gli anni tra le due guerre.
Sono opere che raffigurano tutto ciò che era considerato glamour e che rappresentava “il nuovo”: il telefono, le vedute urbane con grattacieli, le barche a vela dei lussuosi luoghi di villeggiatura. Le donne esprimono una sicurezza gelida e perfetta: le labbra con rossetto rosso profondo e prezioso, le mani immacolate, le braccia ricoperte da gioielli sfavillanti e gli sguardi sicuri e sfidanti, immagini vicine all’artificio e al perfezionismo della fotografia di moda. L’artista sviluppa in queste opere quella che definisce “visione amorosa”, ovvero una visione deformata dai sentimenti che la pittrice prova per una persona o per un oggetto. Nei suoi quadri, le figure quasi esplodono e tendono a fuoriuscire dalla tela, a pretendere una solidità che si contrappone all’effimero dei sentimenti; e l’artista ha dichiarato di aver quasi sempre ritratto gli uomini e le donne che ha amato. Le immagini oscillano così tra raffinata sensualità e gelido classicismo.
Ma l’affermarsi delle dittature in Europa e la paura delle persecuzioni razziali (il padre di Tamara era ebreo, così come il suo secondo marito, il barone Raoul Kuffner), la fanno decidere nel 1939 per un nuovo espatrio, prima a Cuba e poi negli Stati Uniti, dove vive per un periodo in California, a Hollywood, e poi a New York. Sono gli anni in cui realizza opere dal carattere meditativo e dallo stile iperrealista: Atelier à la campagne (1941), Le turban orange II (1945), La Mexicaine (1947), Portrait de Kizette adulte I (1954), Femme au chapeau (1952), e le nature morte ispirate all’arte fiamminga.
Il mito di Tamara, “donna moderna” per eccellenza e dai comportamenti sessuali che precorrono quelli della cosiddetta generazione BI (bisex) della Hollywood dei nostri tempi, si afferma dopo la sua scomparsa, negli anni Ottanta, con un collezionismo d’élite dai nomi famosi: da Barbra Streisand a Jack Nicholson, da Madonna a Donna Karan e Wolfgang Joop. Citazioni delle sue opere e del suo stile si trovano nel cinema, nella fiction televisiva, nella pubblicità (basti ricordare la campagna Campari del 1997, Red Passion) e ancora oggi il suo personaggio e le sue opere affascinano e seducono.
29 agosto 2006
Il Ministero della Salute ci informa che...
Il Ministero della Salute, Dipartimento della Prevenzione e della Comunicazione, Direzione Generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio V- Malattie Infettive e Profilassi Internazionale, con Circolare N° DGPREV.V/19359/P/I.4.c.a.9, ci informa che:
"I dati relativi alla stagione epidemica 2005-2006... [mostrano] che è stata quella a più bassa incidenza negli ultimi sei anni". Segue grafico.
Ma non era stato l'anno dell'influenza aviaria e dell'accaparramento del Tamiflu?
Misteri del marketing della paura...
"I dati relativi alla stagione epidemica 2005-2006... [mostrano] che è stata quella a più bassa incidenza negli ultimi sei anni". Segue grafico.
Ma non era stato l'anno dell'influenza aviaria e dell'accaparramento del Tamiflu?
Misteri del marketing della paura...
28 agosto 2006
rimuoverò le schegge (Dario Villa, 1957-1996)
rimuoverò le schegge
dei mille specchi gettati
ovunque nella sala ad alterare
senso e contorni
camminerò nell'aria
pulita luminosa illuso forse
di poter sciogliere un ben noto nodo,
un fato fatuo, fuochi come enigmi
non potrò più distinguere,
celesti, volta ed intonaco, o dall'intimo
l'esterno, antichi da mai visti luoghi
andati con il tempo
cancellerò i cancelli
mi muoverò tra minuti cristalli
nell'agonia della luce del prisma
dell'io disperso in quei frantumi
Da Architettura, pittura, fotografia (1980)
dei mille specchi gettati
ovunque nella sala ad alterare
senso e contorni
camminerò nell'aria
pulita luminosa illuso forse
di poter sciogliere un ben noto nodo,
un fato fatuo, fuochi come enigmi
non potrò più distinguere,
celesti, volta ed intonaco, o dall'intimo
l'esterno, antichi da mai visti luoghi
andati con il tempo
cancellerò i cancelli
mi muoverò tra minuti cristalli
nell'agonia della luce del prisma
dell'io disperso in quei frantumi
Da Architettura, pittura, fotografia (1980)
24 agosto 2006
22 agosto 2006
Anche da casa si possono fare un sacco di belle gite
18 agosto 2006
17 agosto 2006
Rieccoci a casa...
12 agosto 2006
Saluti da Formazza (piovosa)
05 agosto 2006
Tanti saluti dalla Torre Eiffel e dal castello di Chantilly
Ascensione al primo piano della torre 328 gradini a piedi.
Poi passeggiata a Notre Dame, dopo aver parcheggiato sotto casa di Camille Claudel (ma lei non c'era).
Pomeriggio al castello di Chantilly, con visita alla pinacoteca, dove sono custoditi ben 3 Raffello, tra cui le famose "Tre Grazie".
A seguire, passeggiata nel bellissimo parco.
Poi passeggiata a Notre Dame, dopo aver parcheggiato sotto casa di Camille Claudel (ma lei non c'era).
Pomeriggio al castello di Chantilly, con visita alla pinacoteca, dove sono custoditi ben 3 Raffello, tra cui le famose "Tre Grazie".
A seguire, passeggiata nel bellissimo parco.
04 agosto 2006
03 agosto 2006
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