Arrivo giovedì in tarda mattinata, cielo cobalto, bobbate sul campetto.
Venerdì megacolazione al B&B e poi via a sciare, tanta ma tanta neve, musica a palla in cuffia, poca gente sulle piste: un vero paradiso.
Verso sera è arrivata anche la mia sorellona, con pargoli (e marito) a seguito. Che bello ritrovarsi, e così raro.
Sabato ri-megacolazione al B&B e poi ri-via a sciare: fa caldo e la neve comincia un po' a smollarsi, ma si gode parecchio lo stesso.
Domani dicono che nevicherà. Amen. Noi partiamo presto.
28 febbraio 2009
24 febbraio 2009
Uno spettacolo da vedere: Tango!
Un talento universalmente riconosciuto abbinato ad un'esperienza professionale di spicco sono le chiavi della fama internazionale di Roberto Herrera. Egli è divenuto il punto di riferimento più importante ed influente sia per il tango tradizionale che per le forme più recenti di questa espressione artistica.
Sulle note della musica del famoso Decarisìmo Quinteto, Roberto Herrera e la sua straordinaria compagnia, presentano un grande spettacolo dove l’irresistibile eleganza, sensualità e seduzione del tango, si fonde armonicamente con la forza del folclore argentino.
I ballerini della Compañía di Roberto Herrera sono ciò che Buenos Aires ha di meglio da offrire tra i giovani talenti della danza. Hanno tutti solide formazioni nelle danze popolari argentine così come in danza classica e jazz. Il tango è una passione che hanno vissuto e perfezionato fino a farne una professione, calcando i principali teatri di tutto il mondo.
La prima parte dello spettacolo trasporta attraverso coreografie e musiche tradizionali di Buenos Aires dell’epoca d’oro, dove il tango si respirava nella vita quotidiana. La storia della città è raccontata attraverso le milonghe e i numerosi personaggi che, nel tempo, le hanno frequentate e rese un’anima pulsante della città. La vita che si svolge dentro di esse testimonia, al di là di ogni cambiamento, come il tango rimanga l’essenza dell’ anima del popolo argentino.
Nella seconda parte dello spettacolo fa la sua apparizione il folclore argentino, realtà di una cultura antica e sempre presente nella musica e nella danza popolare contemporanea.
L’orchestra Decarisìmo Quinteto impreziosisce il quadro coreografico con proprie composizioni inedite (“Lluvia de estrellas” - “Permanece”) oltre a riproporre nuovi arrangiamenti dei più grandi Astor Piazzolla, Osvaldo Pugliese, Julio De Caro, musicisti e ballerini di questa straordinaria compagnia trasmetteranno il “Nuevo Tango argentino”, una nuova generazione “tanguera”.
La recensione qui.
Al Teatro Ciak di Milano da oggi all'1 marzo.
Sulle note della musica del famoso Decarisìmo Quinteto, Roberto Herrera e la sua straordinaria compagnia, presentano un grande spettacolo dove l’irresistibile eleganza, sensualità e seduzione del tango, si fonde armonicamente con la forza del folclore argentino.
I ballerini della Compañía di Roberto Herrera sono ciò che Buenos Aires ha di meglio da offrire tra i giovani talenti della danza. Hanno tutti solide formazioni nelle danze popolari argentine così come in danza classica e jazz. Il tango è una passione che hanno vissuto e perfezionato fino a farne una professione, calcando i principali teatri di tutto il mondo.
La prima parte dello spettacolo trasporta attraverso coreografie e musiche tradizionali di Buenos Aires dell’epoca d’oro, dove il tango si respirava nella vita quotidiana. La storia della città è raccontata attraverso le milonghe e i numerosi personaggi che, nel tempo, le hanno frequentate e rese un’anima pulsante della città. La vita che si svolge dentro di esse testimonia, al di là di ogni cambiamento, come il tango rimanga l’essenza dell’ anima del popolo argentino.
Nella seconda parte dello spettacolo fa la sua apparizione il folclore argentino, realtà di una cultura antica e sempre presente nella musica e nella danza popolare contemporanea.
L’orchestra Decarisìmo Quinteto impreziosisce il quadro coreografico con proprie composizioni inedite (“Lluvia de estrellas” - “Permanece”) oltre a riproporre nuovi arrangiamenti dei più grandi Astor Piazzolla, Osvaldo Pugliese, Julio De Caro, musicisti e ballerini di questa straordinaria compagnia trasmetteranno il “Nuevo Tango argentino”, una nuova generazione “tanguera”.
La recensione qui.
Al Teatro Ciak di Milano da oggi all'1 marzo.
22 febbraio 2009
Un fine settimana carnascialesco
Ieri sono uscito presto, con Giolo, per andare alla posta a rispedire la camicia che ho comprato su internet e mi stava stretta. Se finisce tutto bene mi riprometto di segnalare il sito dove l'avevo comprata (e non era la prima volta), per la serietà: per ora posso solo dire che ho scritto una mail per segnalare il problema e meno di mezz'ora dopo avevo la risposta. Spero che il buongiorno si veda dal mattino...
Dopo la posta siamo andati di corsa a fare la spesa: di corsa perché ci siamo ripromessi di fare il record di spesa veloce, e in effetto ce la siamo cavata in una mezz'oretta: bravo anche Giolo, che collaborava attivamente.
Scaricata e messa in ordine la spesa, siamo andati tuti insieme ad Arona a fare una gita: la giornata era bellissima e ne valeva davvero la pena. Abbiamo mangiato una pizza e fatto un giro in paese e ai giardini sul lungolago, per giocare un po'.
Oggi, invece, siamo andati a pranzo dai nonni di Busto, per festeggiare il compleanno della nonna, che ha cucinato polenta e brasato.
Nel pomeriggio, festa di carnevale in maschera a Quinzano, con gli amici. Davvero divertente!
Per chiudere in bellezza, stasera ci siamo visti l'ultimo Indiana Jones in DVD (Il teschio di cristallo) che, malgrado la fine un po' stupida, è comunque piuttosto divertente.
Dopo la posta siamo andati di corsa a fare la spesa: di corsa perché ci siamo ripromessi di fare il record di spesa veloce, e in effetto ce la siamo cavata in una mezz'oretta: bravo anche Giolo, che collaborava attivamente.
Scaricata e messa in ordine la spesa, siamo andati tuti insieme ad Arona a fare una gita: la giornata era bellissima e ne valeva davvero la pena. Abbiamo mangiato una pizza e fatto un giro in paese e ai giardini sul lungolago, per giocare un po'.
Oggi, invece, siamo andati a pranzo dai nonni di Busto, per festeggiare il compleanno della nonna, che ha cucinato polenta e brasato.
Nel pomeriggio, festa di carnevale in maschera a Quinzano, con gli amici. Davvero divertente!
Per chiudere in bellezza, stasera ci siamo visti l'ultimo Indiana Jones in DVD (Il teschio di cristallo) che, malgrado la fine un po' stupida, è comunque piuttosto divertente.
19 febbraio 2009
Una serata particolare
Passeggiata e aperitivo sui navigli, al Tango che ricordavo dalla mia gioventù ma è molto cambiato (non direi in meglio).
Cena da Maxela, ottima carne, come sempre. Quel locale è una garanzia.
Passeggiata di ritorno sempre sui navigli, con capatina nel vicolo delle Lavandaie.
Com'era nell'800.
Com'è oggi.
Che bella Milano. Che bella serata.
Cena da Maxela, ottima carne, come sempre. Quel locale è una garanzia.
Passeggiata di ritorno sempre sui navigli, con capatina nel vicolo delle Lavandaie.
Com'era nell'800.
Com'è oggi.
Che bella Milano. Che bella serata.
18 febbraio 2009
Quando ti chiedi cos'è l'amore
16 febbraio 2009
15 febbraio 2009
Un fine settimana variegato
Sabato mattina ho accompagnato i mostri a tagliare i capelli: davvero belli, erano, all'uscita dal barbiere. Poi, nel pomeriggio, giro in bici al parco (però che freddo!) e scappatina da Decathlon per qualche acquisto urgente.
Domenica mattina, lasagne (fatte dai bimbi, grossomodo) e maiale alla senape (slurp!).
A pranzo U. con i bimbi (che confusione!). Nel pomeriggio, passeggiata per il centro a vedere le bancarelle piene di cioccolato (che gola!).
(Da notare la locandina con la data sbagliata...)
Alla fine il weekend è andato bene: siamo sopravvissuti.
Domenica mattina, lasagne (fatte dai bimbi, grossomodo) e maiale alla senape (slurp!).
A pranzo U. con i bimbi (che confusione!). Nel pomeriggio, passeggiata per il centro a vedere le bancarelle piene di cioccolato (che gola!).
(Da notare la locandina con la data sbagliata...)
Alla fine il weekend è andato bene: siamo sopravvissuti.
12 febbraio 2009
10 febbraio 2009
Quella ragazza che amavamo (di Adriano Sofri)
.
ORMAI la diversità dei pensieri si era tramutata in una dannazione reciproca, una messa al bando, una insofferenza esasperata. E neanche ora, neanche in hora mortis nostrae, si rimarginerà, temo. Ma, forse solo per un piccolo risarcimento, forse perché è la cosa più importante, possiamo riconoscerci tutti - quasi tutti - in un acquisto dapprincipio imprevedibile, e che non era nei propositi. Abbiamo tutti - quasi tutti: non fa bene ignorare il cinismo e la cattiveria vera - voluto molto bene alla ragazza Eluana.
Le abbiamo voluto sempre più bene, man mano che passavano gli anni e la ferita si esacerbava mille volte di nuovo e noi intanto diventavamo grandi o vecchi, nascevamo e ci ammalavamo e, qualcuno, morivamo: e quel viso di ragazza continuava a guardarci illeso dal tempo e dalla sventura. Prima della fotografia, i ritrattisti delle famiglie del nord d'Europa, di quelle che potevano permetterselo, dipingevano una volta all'anno il gruppo di famiglia, sicché sulle pareti domestiche scorrevano le generazioni, i bambini diventavano adulti, gli adulti vecchi, matrimoni rinnovavano la scena, nuovi nati facevano la loro comparsa.
In quelle gallerie di quadri ricordo, c'erano alcune figure di bambini o di giovani che non cambiavano più aspetto, il tempo non le lavorava più, perché erano morti giovani o bambini, e una rossa crocetta dipinta sopra la testa avvertiva della loro perdita, ma non si aveva cuore di espellerli dal gruppo. Il signor Englaro, rifiutandosi, contro la propria presumibile convenienza, di esporre le fattezze di Eluana se non fino al punto in cui l'ebbe perduta, ha suscitato in tutti noi lo stesso risultato pieno d'affetto e di rimpianto.
Abbiamo voluto bene a quella ragazza meravigliosa, al modo in cui i suoi occhi continuavano a guardarci così da lontano, così da vicino, e l'abbiamo rimpianta come una nostra compagna di viaggio insieme perduta e illesa. Abbiamo voluto bene, ogni giorno di più, anche alla Eluana che non vedevamo, che non abbiamo mai visto, nella quale la ragazza dagli occhi profondi si continuava e si consumava, e abbiamo avuto pietà di lei e di noi. Quel padre che, chiuso in un suo cerchio senza uscita, combinava e ricombinava senza ostentazione e senza falso pudore le belle fotografie della sua creatura, come per ricominciare ogni volta a far scorrere la vita della sua carissima figlia prima che la promessa si spezzasse, ce l'ha fatta amare, senza proporselo.
Senza proporsi altro se non di avere la legge dalla propria parte, e le persone, perché una buona legge dev'essere dalla parte delle persone e del loro dolore. L'ha conservata così, nella memoria di una comunità che l'aveva adottata, benché si lacerasse sul suo destino.
Se c'è una sottile speranza che l'Italia non esca più amara e incattivita da una vicenda oltraggiosamente accanita, è in questo amore condiviso. Il signor Englaro non ha mirato a nessuna convenienza. Non ha fatto conti. Ha fatto quello che sentiva come il suo dovere. Se fosse stato un uomo politico - cioè un politico, oltre che l'uomo che è - si sarebbe sottratto alla piccola trappola della gara col tempo, che metteva in scena nel rullo di tamburi del precipitoso finale il copione degli uni che bruciavano le ore per salvare una vita, degli altri che bruciavano i minuti per sacrificarla. ("Il sacrificio non sia vano": frase pronunciata ieri sera in Senato, non so con quanta consapevolezza, bestemmia più enorme di tutte, che accusa di un sacrificio umano, e pretende di riscattarlo, per giunta con una legge folle).
Si sarebbe esposto alle intemperie sulla cima di un campanile friulano per protestare: dopotutto il capo del governo si era spinto, non so con quanta consapevolezza, a dire che quella sua figlia perduta avrebbe potuto partorire. Avrebbe fatto uno sciopero della fame e della sete, per replicare a chi lo accusava di voler assassinare per fame e sete la sua creatura. Li avreste visti volare, allora, i sondaggi, angeli custodi della superstizione e della demagogia contemporanea.
Verrebbe voglia di dire che bisogna tutti sforzarsi di richiudere questa ferita, ma non sarà così. Le ferite non si chiudono. Non si chiuse quella di Moro. La disputa sul corpo di Eluana è per l'Italia del nuovo millennio una tragedia senza catarsi, senza redenzione, come fu quella sul corpo di Moro per la fine del secolo scorso. Ho guardato il minuto di raccoglimento al Senato: sembrava piuttosto, per quei grami presenti, la concentrazione nell'angolo prima dell'ultimo round.
Certi uomini politici - cioè certi politici, prima degli uomini che dimenticano di essere - fanno molti conti. Vedrete: anche ora che il corpo di Eluana non è più perquisibile dai Nas, mostreranno di voler procedere per la loro strada. Legislatori tutti d'un pezzo, pronti a decretare la mia, la vostra, l'impossibilità di ciascuno di rifiutare per sé la nutrizione artificiale, una volta che ci trovassimo privati senza ritorno della nostra coscienza. Pazzia. Silvio Berlusconi ha voluto dire che lui, nella condizione di Beppino Englaro, non potrebbe mai "staccare la spina". Sia risparmiata la prova a lui e a noi. Tuttavia la prova è stata imposta a tanti, e qualunque sia la loro scelta, compresa quella di non rassegnarsi mai al commiato, dev'essere rispettata, amata e sostenuta. Ma provi Berlusconi a immaginare un'altra eventualità: che tocchi a lui di uscire da una rianimazione in una condizione vegetativa irreversibile. Vorrebbe o no poter decidere, finché il senno e la fortuna siano dalla sua, come debba chiudersi la sua esistenza, o preferisce lasciarne il peso ai suoi figli, per giunta votando ad horas l'obbligo a nutrirlo artificialmente senza fine? Questo era già il punto, ora lo è ancora più nitidamente. Mettete via i cartelli opposti che intimano: "Giù le mani da Eluana".
Salutiamola, Eluana, con l'amore che si sapeva riservare alle ragazze perite, tenerelle, pria che l'erbe inaridisse il verno. Quanto a noi, scriviamo ciascuno sul proprio cartello: "Giù le mani da me, per favore".
Di Adriano Sofri, da La Repubblica, 10 febbraio 2009.
ORMAI la diversità dei pensieri si era tramutata in una dannazione reciproca, una messa al bando, una insofferenza esasperata. E neanche ora, neanche in hora mortis nostrae, si rimarginerà, temo. Ma, forse solo per un piccolo risarcimento, forse perché è la cosa più importante, possiamo riconoscerci tutti - quasi tutti - in un acquisto dapprincipio imprevedibile, e che non era nei propositi. Abbiamo tutti - quasi tutti: non fa bene ignorare il cinismo e la cattiveria vera - voluto molto bene alla ragazza Eluana.
Le abbiamo voluto sempre più bene, man mano che passavano gli anni e la ferita si esacerbava mille volte di nuovo e noi intanto diventavamo grandi o vecchi, nascevamo e ci ammalavamo e, qualcuno, morivamo: e quel viso di ragazza continuava a guardarci illeso dal tempo e dalla sventura. Prima della fotografia, i ritrattisti delle famiglie del nord d'Europa, di quelle che potevano permetterselo, dipingevano una volta all'anno il gruppo di famiglia, sicché sulle pareti domestiche scorrevano le generazioni, i bambini diventavano adulti, gli adulti vecchi, matrimoni rinnovavano la scena, nuovi nati facevano la loro comparsa.
In quelle gallerie di quadri ricordo, c'erano alcune figure di bambini o di giovani che non cambiavano più aspetto, il tempo non le lavorava più, perché erano morti giovani o bambini, e una rossa crocetta dipinta sopra la testa avvertiva della loro perdita, ma non si aveva cuore di espellerli dal gruppo. Il signor Englaro, rifiutandosi, contro la propria presumibile convenienza, di esporre le fattezze di Eluana se non fino al punto in cui l'ebbe perduta, ha suscitato in tutti noi lo stesso risultato pieno d'affetto e di rimpianto.
Abbiamo voluto bene a quella ragazza meravigliosa, al modo in cui i suoi occhi continuavano a guardarci così da lontano, così da vicino, e l'abbiamo rimpianta come una nostra compagna di viaggio insieme perduta e illesa. Abbiamo voluto bene, ogni giorno di più, anche alla Eluana che non vedevamo, che non abbiamo mai visto, nella quale la ragazza dagli occhi profondi si continuava e si consumava, e abbiamo avuto pietà di lei e di noi. Quel padre che, chiuso in un suo cerchio senza uscita, combinava e ricombinava senza ostentazione e senza falso pudore le belle fotografie della sua creatura, come per ricominciare ogni volta a far scorrere la vita della sua carissima figlia prima che la promessa si spezzasse, ce l'ha fatta amare, senza proporselo.
Senza proporsi altro se non di avere la legge dalla propria parte, e le persone, perché una buona legge dev'essere dalla parte delle persone e del loro dolore. L'ha conservata così, nella memoria di una comunità che l'aveva adottata, benché si lacerasse sul suo destino.
Se c'è una sottile speranza che l'Italia non esca più amara e incattivita da una vicenda oltraggiosamente accanita, è in questo amore condiviso. Il signor Englaro non ha mirato a nessuna convenienza. Non ha fatto conti. Ha fatto quello che sentiva come il suo dovere. Se fosse stato un uomo politico - cioè un politico, oltre che l'uomo che è - si sarebbe sottratto alla piccola trappola della gara col tempo, che metteva in scena nel rullo di tamburi del precipitoso finale il copione degli uni che bruciavano le ore per salvare una vita, degli altri che bruciavano i minuti per sacrificarla. ("Il sacrificio non sia vano": frase pronunciata ieri sera in Senato, non so con quanta consapevolezza, bestemmia più enorme di tutte, che accusa di un sacrificio umano, e pretende di riscattarlo, per giunta con una legge folle).
Si sarebbe esposto alle intemperie sulla cima di un campanile friulano per protestare: dopotutto il capo del governo si era spinto, non so con quanta consapevolezza, a dire che quella sua figlia perduta avrebbe potuto partorire. Avrebbe fatto uno sciopero della fame e della sete, per replicare a chi lo accusava di voler assassinare per fame e sete la sua creatura. Li avreste visti volare, allora, i sondaggi, angeli custodi della superstizione e della demagogia contemporanea.
Verrebbe voglia di dire che bisogna tutti sforzarsi di richiudere questa ferita, ma non sarà così. Le ferite non si chiudono. Non si chiuse quella di Moro. La disputa sul corpo di Eluana è per l'Italia del nuovo millennio una tragedia senza catarsi, senza redenzione, come fu quella sul corpo di Moro per la fine del secolo scorso. Ho guardato il minuto di raccoglimento al Senato: sembrava piuttosto, per quei grami presenti, la concentrazione nell'angolo prima dell'ultimo round.
Certi uomini politici - cioè certi politici, prima degli uomini che dimenticano di essere - fanno molti conti. Vedrete: anche ora che il corpo di Eluana non è più perquisibile dai Nas, mostreranno di voler procedere per la loro strada. Legislatori tutti d'un pezzo, pronti a decretare la mia, la vostra, l'impossibilità di ciascuno di rifiutare per sé la nutrizione artificiale, una volta che ci trovassimo privati senza ritorno della nostra coscienza. Pazzia. Silvio Berlusconi ha voluto dire che lui, nella condizione di Beppino Englaro, non potrebbe mai "staccare la spina". Sia risparmiata la prova a lui e a noi. Tuttavia la prova è stata imposta a tanti, e qualunque sia la loro scelta, compresa quella di non rassegnarsi mai al commiato, dev'essere rispettata, amata e sostenuta. Ma provi Berlusconi a immaginare un'altra eventualità: che tocchi a lui di uscire da una rianimazione in una condizione vegetativa irreversibile. Vorrebbe o no poter decidere, finché il senno e la fortuna siano dalla sua, come debba chiudersi la sua esistenza, o preferisce lasciarne il peso ai suoi figli, per giunta votando ad horas l'obbligo a nutrirlo artificialmente senza fine? Questo era già il punto, ora lo è ancora più nitidamente. Mettete via i cartelli opposti che intimano: "Giù le mani da Eluana".
Salutiamola, Eluana, con l'amore che si sapeva riservare alle ragazze perite, tenerelle, pria che l'erbe inaridisse il verno. Quanto a noi, scriviamo ciascuno sul proprio cartello: "Giù le mani da me, per favore".
Di Adriano Sofri, da La Repubblica, 10 febbraio 2009.
08 febbraio 2009
Domenica a pranzo con nonno e cuginoni
06 febbraio 2009
Una gita a Torino
Oggi siamo andati a Torino a firmare dal notaio per la surroga del nostro mutuo per la casa, passando da MPS a Credem, che ci ha concesso delle condizioni molto migliorative.
In realtà, la giornata è cominciata bene fin dal mattino, con i bimbi che sono rimasti a casa da scuola per venire con me a Milano a fare un po' di commissioni, tra le quali passare da un giocattolaio a comprare una scatola di Lego ciascuno (Giolo un cavaliere, Giomo un pirata), per non annoiarsi durante la prevista serata al ristorante. Secondo passaggio interessante, quello al drive through di Burger king, dove i bimbi si sono fatti passare due menù kids dal finestrino, con grande stupore e divertimento (in regalo, un bel personaggio della serie dei supereroi, Iron Man). Poi, il viaggio fino a Torino e la formalità del notaio, dove i bimbi si sono comportati davvero egregiamente.
Finalmente, terminato l'atto, siamo potuti andare verso la nostra VERA destinazione: il Museo Egizio!
Tra le tante cose belle e interessanti che abbiamo visto, a parte - ovviamente - sarcofagi e mummie - la sala dedicata alla statuaria e quella dedicata agli oggetti della vita di tutti i giorni, tra i quali sono piaciute in particolare ai bimbi questi bei sandali.
Poi, due passi per i portici di Torino - davvero bella - e un aperitivo al Bar-Roma-già-Talmone, che esiste dal 1833, con grande banco degli aperitivi, per stuzzicare un po'.
Infine, una bella cena alla Trattoria della Posta, altro locale che esiste dall'800 e che propone una davvero grande scelta di formaggi.
Davvero una giornata indimenticabile!
In realtà, la giornata è cominciata bene fin dal mattino, con i bimbi che sono rimasti a casa da scuola per venire con me a Milano a fare un po' di commissioni, tra le quali passare da un giocattolaio a comprare una scatola di Lego ciascuno (Giolo un cavaliere, Giomo un pirata), per non annoiarsi durante la prevista serata al ristorante. Secondo passaggio interessante, quello al drive through di Burger king, dove i bimbi si sono fatti passare due menù kids dal finestrino, con grande stupore e divertimento (in regalo, un bel personaggio della serie dei supereroi, Iron Man). Poi, il viaggio fino a Torino e la formalità del notaio, dove i bimbi si sono comportati davvero egregiamente.
Finalmente, terminato l'atto, siamo potuti andare verso la nostra VERA destinazione: il Museo Egizio!
Tra le tante cose belle e interessanti che abbiamo visto, a parte - ovviamente - sarcofagi e mummie - la sala dedicata alla statuaria e quella dedicata agli oggetti della vita di tutti i giorni, tra i quali sono piaciute in particolare ai bimbi questi bei sandali.
Poi, due passi per i portici di Torino - davvero bella - e un aperitivo al Bar-Roma-già-Talmone, che esiste dal 1833, con grande banco degli aperitivi, per stuzzicare un po'.
Infine, una bella cena alla Trattoria della Posta, altro locale che esiste dall'800 e che propone una davvero grande scelta di formaggi.
Davvero una giornata indimenticabile!
04 febbraio 2009
03 febbraio 2009
Squash deleterio
01 febbraio 2009
Una gita a Como
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